La sinistra è in crisi! I più anziani continuano a votare sostanzialmente come votavano da giovani, ma i giovani non solo votano ampiamente a destra, ma nei loro discorsi non è rintracciabile quasi alcunché dei valori che possiamo definire di sinistra: solidarietà contro competizione, diffidenza verso i ricchi e i potenti, che anzi sono amati e ammirati, cercare se stessi invece di coltivare l’apparenza. Tra i ragazzini, tuttavia, sono metabolizzate due cose: l’uguaglianza tra i sessi (anche tra i terzi e i quarti sessi) e il rispetto per i deboli – il primo è un’eredità del femminismo, il secondo, pensa un po’, deriva dal fatto che bene o male i fascisti hanno perso la guerra – come diceva in un suo blog (http://silver-86.spaces.live.com/default.aspx) un ragazzo per altro tutto infervorato per l’esercito e per la forza.
Per fortuna, sembra che alla sinistra la cosa importi pochissimo, per lo meno alla sinistra cosiddetta radicale che è preoccupata soprattutto di rimarcare la propria “identità”, esattamente come il popolo italiano nel suo complesso rimarca la propria “identità” di fronte alla minaccia della globalizzazione.
A) Per quanto riguarda l’Italia, il problema è in fondo assai semplice: gli italiani non hanno uno straccio di servizi non solo sociali, né pubblici né privati (esistono anche i servizi privati), fatte salve scuola e sanità. La cosa divertente è che gli italiani non se ne rendono minimamente conto – quando per caso si confrontano con le realtà degli altri paesi europei fanno la faccia di Miranda che scopre il mondo nuovo, e non vogliono più tornare nella nostra patria bellissima. Un paio di anni fa un premier tentò di raccogliere i fondi per costruire una rete di servizi, e il popolo italianogridò unanime: “i comunisti ci vogliono rubbare i soldi!”.
B) Per quanto riguarda l’Europa, ormai i “cattivi” siamo, ahimé, noi. Quando il terzo mondo, era in miseria, in fondo non faceva paura; oggi fa paura eccome, e l’Europa si è barricata nel suo fortino protetto dai governi di destra quasi ubiqui nell’Unione. Nel frattempo la Cina si è di fatto alleata con l’Africa, dopo decenni di infruttuose lagne europee (ved Bono et similia) sugli aiuto agli africani – del resto ricordo che nel 1993 all’Università di Shanghai gli studenti camerunesi studiavano fisica con brillanti risultati, cosa che non si sarebbero potuti sognare in un’università europea o americana. E, forse, l’America ricca si sta alleando, o per lo meno ha stipulato un trattato di non belligeranza, con l’America già povera.
C) Per quanto riguarda il mondo – mein Gott! – ahimé, il problema della poverà è risolto. Esistono ingiustizie e discriminazioni, esistono ancora i dannati della terra, si muore sul lavoro, i contadini del sud soffrono catastrofi grazie al WTO e alle multinazionali agricole, ma di fatto la povertà sempre più è un’eccezione, non solo in occidente, ma ovunque. Non avere più poveri da difendere – questo di fondo ha messo in crisi la sinistra. Come uscirne? Non lo so, ma ricordo gl antichi testi sacri, che dicevano non che il capitalismo produce poveri (idea malthusiana contro cui lottano per pagine e pagine i Grundrisse), ma piuttosto che il capitalismo avrebbe presto incontrato i limiti delle sue capacità di sviluppo, e sarebbe andato incontro a crisi ricorrenti di sovrapproduzione – oltre a non riuscire più ad aumentare la produzione a causa della caduta del saggio di profitto. I poveri erano in fondo solo il veicolo di questo cambiamento, che sarebbe avvenuto contestualmente alla loro sparizione. Il web, in cui i ragazzini nuotano come pesci nell’acqua, al sicuro dagli adulti che in questa foresta mettono appena piede, con certe sue forme di produzione che violano di fatto le leggi economiche, sembrerebbe indicare che qualcosa sta cambiando, ma si tratta comunque fondamentalmente di cultura – e inoltre vorrei aspettare l’evolversi di questo fenomeno ultrarecente prima di gridare al miracolo.
Per fortuna, sembra che alla sinistra la cosa importi pochissimo, per lo meno alla sinistra cosiddetta radicale che è preoccupata soprattutto di rimarcare la propria “identità”, esattamente come il popolo italiano nel suo complesso rimarca la propria “identità” di fronte alla minaccia della globalizzazione.
A) Per quanto riguarda l’Italia, il problema è in fondo assai semplice: gli italiani non hanno uno straccio di servizi non solo sociali, né pubblici né privati (esistono anche i servizi privati), fatte salve scuola e sanità. La cosa divertente è che gli italiani non se ne rendono minimamente conto – quando per caso si confrontano con le realtà degli altri paesi europei fanno la faccia di Miranda che scopre il mondo nuovo, e non vogliono più tornare nella nostra patria bellissima. Un paio di anni fa un premier tentò di raccogliere i fondi per costruire una rete di servizi, e il popolo italianogridò unanime: “i comunisti ci vogliono rubbare i soldi!”.
B) Per quanto riguarda l’Europa, ormai i “cattivi” siamo, ahimé, noi. Quando il terzo mondo, era in miseria, in fondo non faceva paura; oggi fa paura eccome, e l’Europa si è barricata nel suo fortino protetto dai governi di destra quasi ubiqui nell’Unione. Nel frattempo la Cina si è di fatto alleata con l’Africa, dopo decenni di infruttuose lagne europee (ved Bono et similia) sugli aiuto agli africani – del resto ricordo che nel 1993 all’Università di Shanghai gli studenti camerunesi studiavano fisica con brillanti risultati, cosa che non si sarebbero potuti sognare in un’università europea o americana. E, forse, l’America ricca si sta alleando, o per lo meno ha stipulato un trattato di non belligeranza, con l’America già povera.
C) Per quanto riguarda il mondo – mein Gott! – ahimé, il problema della poverà è risolto. Esistono ingiustizie e discriminazioni, esistono ancora i dannati della terra, si muore sul lavoro, i contadini del sud soffrono catastrofi grazie al WTO e alle multinazionali agricole, ma di fatto la povertà sempre più è un’eccezione, non solo in occidente, ma ovunque. Non avere più poveri da difendere – questo di fondo ha messo in crisi la sinistra. Come uscirne? Non lo so, ma ricordo gl antichi testi sacri, che dicevano non che il capitalismo produce poveri (idea malthusiana contro cui lottano per pagine e pagine i Grundrisse), ma piuttosto che il capitalismo avrebbe presto incontrato i limiti delle sue capacità di sviluppo, e sarebbe andato incontro a crisi ricorrenti di sovrapproduzione – oltre a non riuscire più ad aumentare la produzione a causa della caduta del saggio di profitto. I poveri erano in fondo solo il veicolo di questo cambiamento, che sarebbe avvenuto contestualmente alla loro sparizione. Il web, in cui i ragazzini nuotano come pesci nell’acqua, al sicuro dagli adulti che in questa foresta mettono appena piede, con certe sue forme di produzione che violano di fatto le leggi economiche, sembrerebbe indicare che qualcosa sta cambiando, ma si tratta comunque fondamentalmente di cultura – e inoltre vorrei aspettare l’evolversi di questo fenomeno ultrarecente prima di gridare al miracolo.
Nessun commento:
Posta un commento