Visualizzazione post con etichetta Woody Allen. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Woody Allen. Mostra tutti i post

venerdì 18 settembre 2009

New York


Gli ebrei, dopo duemila anni a fare l’ebreo errante – dando tantissimo alla cultura europea – si sono stufati e sono tornati nella terra promessa, che non è Israele, ma – come dice Moni Ovadia – New York: non a caso il cantore di New York è un ebreo, Woody Allen. Tra l’altro, New York è come a e a un mio caro amico ebreo piacerebbe che fosse la Palestina, una terra dove vivono tutti i popoli e tutte le razze; e dove, tra l’altro, gli ebrei neanche comandano veramente, seguendo in questo la legge mosaica dove solo Dio è re – un re che tra l’altro lascia completa libertà ai suoi sudditi, e che funge più che altro da modello - e agli uomini compete di amministrare la loro vita.
A questo punto, la distruzione del Rockfeller Center – queste erano le torri gemelle – sembra un attacco dei fascisti americani perliberarsi degli ebrei americani. Questo politicamente; la dinamica specifica dei fatti è marginale: il lavoro sporco potrebbero anche averlo fatto degli islamo-fascisti. Ed è possibile, purtroppo, che quello che non è riuscito a Hitler, sia riuscito così a loro. Per il resto del mondo cambia poco, però questo significa che forse l’America non è più il Paese della statua della libertà (statua scolpita a Parigi).

martedì 19 agosto 2008

Psicanalisi

Sembra che non funzioni, e invece la psicanalisi funziona benissimo: ma, essendo una terapia iperrazionale, richiede molta razionalità da parte del paziente. John Nash, il matematico protagonista del famoso film, riuscì a uscire addirittura da una schizofrenia – male di solito ritenuto incurabile - sono certo attraverso un difficile processo di autoanalisi.
Certo, i casi di terapia che non funziona non si contano – lo stesso Freud si fece venire dei dubbi. Quando si parla di analisi vengono in mente i newyorkesi di Woody Allen, perennemente in terapia senza mai riuscire a fare un passo avanti.
La psicanalisi di solito non funziona perché non basta capire in che modo funziona l’inconscio e in che modo emerga la nevrosi o la psicosi, ma sulla produzione dell’inconscio bisogna lavorare –non basta sapere come funziona il motore a scoppio per guidare la macchina. Ricordo un caso clinico di Jung, un giovane colto che aveva elaborato una perfetta spiegazione in termini di complesso di Edipo della sua nevrosi. Jung si informò, e scoprì che il giovane non lavorava e viveva con la pensione della nonna poverissima; il giovane non soffriva per un complesso di Edipo irrisolto, ma perché non era abbastanza cinico per non provare un senso di colpa nei confronti della nonna. Meraviglioso buon senso di Jung. Episodio antifreudiano certo, ma che in fondo ci dice che non basta conoscere l’anatomia dell’inconscio, bisogna operare questi organi dell’inconscio, e si tratta di un lavoro che richiede tutta l’immaginazaione di uno Jung – certo, è molto più facile andare avanti a pasticchette che danno una cura sintomatica, ma almeno facilmente ripetibile.
La maggior parte delle nevrosi e delle psicosi hanno a che fare con una perdita del senso della realtà, e la psicanalisi fa proprio questo, aiuta a distinguere nel magma dell’inconscio il vero dal falso, e si tratta di un lavoro molto vicino a quello di uno scenziato che nel magma dei fenomeni trova il senso delle leggi di natura. Purtroppo, nel riportare il paziente alla realtà molti cercano di riportare il paziente alla realtà del terapeuta – gli psicologi sono spesso sottilmente fascisti –, e non alla realtà del paziente. Ognuno ha una sua realtà altrettanto oggettiva di quella universale della scienza, e il bello è che molto spesso questa nostra realtà è sconosciuta prima di tutto a noi.