mercoledì 21 ottobre 2009

Lavavetri


Dal primo novembre a Roma saranno banditi lavavatri e mendicanti ma anche i giocolieri – chiunque disturbi gli automobilisti, dice il telegiornale. Indubbiamente lavavetri e co. sono piuttosto fastidiosi, ma il fastidio nasce dall’essere chiusi nella scatoletta dell’automobile, non da persone che in altri contesti porterebbero solo un po’ di colore. Son convinto che saremmo ifnastiditi anche da soavi odalische (per i signori) o da prestanti giovanotti (per le signore e i gay) –figuriamoci da lavavetri piuttosto petulanti.
A Zurigo, la gente non è innervosita come a Roma, non perché non ci siano mendicanti – non ci sono mendicanti, ma è zeppa di tossicodipedenti – ma perché la gente va in tram.

martedì 20 ottobre 2009

Sistina Chapel



The paintings of the Sistina Chapel witness a revolution not only in the forms of painting, but also in the attitude of "reading" of a piece of art, but also in the meaning. The painting by Ghirlandaio, Perugino, Signorelli, Biagio d'Antonio, Cosimo Rosselli, and soprattutto Botticelli are in fact narrative: they represent a story without words – at the beginning this way of painting was addressed at illustrating the histories of Bible for the illiterate, the “Biblia Pauperum”. For instance, in the "temptation of Christ" (left) the story of reconciliation of Medici with the Pope after the Pazzi conjuration (where the Pope had a role) is represented with all the details and people involvede in the story are represented. This political story is blendend with the theological meaning.
Michelangelo’s, in the vault, and even more in the “Final Judgment”, are instead symbolic paintings: no story is narrated, but a complex web of meanings is suggested by the colours, the attitudes, the characters. For instance, the "Drunkness of Noah" (right) is framed among (and related conceptually to) the "Four Seasons"; with the end of the diluvio the seasons begin. The Vault is still strongly influenced by traditional theology, probably supervised by pontifical theologicans; in tht “Judgment" instead, the symbolism is still less nararative and more concveptual.

Burocrazia


La burocrazia italiana è particolarmente irritante in quanto si basa su due principi: 1) la presunzione di colpevolezza del fruitore 2) lo scarico di responsabilità dell’impiegato (e soprattutto del suo dirigente). L’enorme mole di carta, la surreale complessità delle procedure, derivano da questi due semplici principi – in particolare si richiama costantemente la norma, non per profondo senso delle regole, ma per evitare di prendere decisioni di cui ci si assume pienamente la responsabilità.
La legge Bassanini sull’autocertificazione dimostra come sarebbe semplice sfuggire alla complicazione burocratica – riconoscendo i principi perversi che ne sono alla base e rovesciandoli. Questa santa legge si basa infatti sulla fiducia nel fruitore e nell’assunzione di responsabilità da parte dell’apparato. I burocrati del resto opposero all’inizio notevoli resistenze all’applicazione della legge – cercavano in ogni modo di autenticare le firme ecc. nonostante ciò fosse ormai contra legem – sembrava loro assurdo che fosse non al cittadino necessario dimostrare la sua innocenza, ma a loro la sua eventuale colpevolezza.

Bartleby lo scrivano

La bella novella di Melville, "Bartleby lo Scrivano", ci illustra la nascita della burocrazia e della piccola borghesia. Bartleby è impiegato presso un avvocato: deve ricopiare in “bella scrittura” i testi preparati dal suo capo; è, in sostanza, una macchina per scrivere. A questa totale alienazione si ribellerà con il famoso “I would prefer not to”. Questo sono infatti i burocrati: persone che ricopiano e trasmettono documenti elaborati da chi prende le effettive decisioni (delle macchine per scrivere) oppure fanno conti (delle calcolatrici). Ai tempi di Melville l’apparato burocratico era ancora semplice e trasparente: Bartleby sapeva cosa stava facendo. Col tempo, l’operazione di trascrivere e trasmettere documenti verrà spezzata su infiniti uffici e innumerevoli impiegati, trasformandosi in una rete senza confini di cui nessuno può conoscere lo schema complessivo, raggiungendo rapidamente l’assurdo così bene descritto da Kafka – anche se i complessi edipici giocano un ruolo nelle novelle di Kafka, il tema dei suoi romanzi è sostanzialmente lo stesso di Bartleby.

lunedì 12 ottobre 2009

Grano



Gli israeliani sono assolutamente convinti che il grano sia stato domesticato in Palestina – ovviamente. Sono abbastanza convinto che la nascia dell’agricoltura sia stata nel Kurdistan. La massima diversità del genere Triticum – il genere del frumento – si trova in Kurdistan, e in Kurdistan – non certo in Palestina – si trova il clima ideale per la crescita del frumento. Quando il frumento è stato portato dal suo ambiente più favorevole - dove probabilmente veniva coltiv ato semplicemente spargendo semi nelle radure della foresta semiarida tipica di quelle regioni - in terre di pianura più aride, probabilmente è stato però necessario sviluppare le tecniche di irrigazione, da cui, secondo l’antica ipotesi, nasce la civiltà.

Filogenesi dell'indoeuropeo


Questo diagramma dell’evoluzione delle lingue indoeuropee di Schleicher, che ho trovato sul web, chiarisce l’ira d Semeraro contro il “mito” dell’indoeuropeo. Il mito non è l’indoeuropeo – una famiglia linguistica chiarissima – il mito è la “purezza originaria” delle lingue germaniche, contrapposte al derivato e corrotto latino. Semeraro però forse non era al corrente del fatto che l’albero filogenetico delle lingue indoeuropee più accettato (pur con moltissimi dubbi) oggigiorno segue lo schema: ittita / greco e lingue nord-indiane / lingue balto-slave / lingue slave / lingue germaniche e derivate / lingue celtiche / latino. Il tedesco non è più una lingua primitiva, ma una lingua derivatissima! E quest’albero si accorda inoltre benissimo con l’ipotesi di una derivazione dell’indoeuropeo non tanto dalle lingue semitiche quanto dal mondo del Vicino Oriente – di cui gli Ittiti facevano parte. Non so se il protoindoeuropeo ricostruito sia stato rivisto alla base di quest’albero genealogico, in cui il tedesco non è più una lingua primitiva – se così fosse, temo che molte ipotesi di Semeraro verrebbero confermate.
Del resto, il greco è zeppo di radici germaniche (θυγαθερ / Tochter / daughter; δρυς / tree), ma si tratta di conservativismo del tedesco, non del fatto che greco e tedesco siano cognate.

Fonetica

I filologi tedeschi dell’ottocento hanno cercato di ricostruire la storia delle lingue indoeuropee attraverso le leggi fonetiche. Questi tedeschi! L’evoluzione non segue leggi. Esistono infatti lingue foneticamente evolute e grammaticalmente primitive: il russo per esempio ha sette casi, mentre il tedesco ne ha quattro (e sembra quindi derivato), però foneticamente il tedesco mi sembra – parlo da ignorantello – foneticamente molto primitivo. E’ su questa primitività fonetica – senza considerare la relativa evoluzione grammaticale e lessicale – che si basa non il mito dell’indoeuropeo, ma il mito della primitivtà del tedesco che stava tanto a cuore ai linguisti germanici.

domenica 11 ottobre 2009

Tonno


Il tonno più pregiatus (Tunnus thynnus) ha carne soda, mentre quello "così tenero che si taglia con un grissino" sono varietà scadenti; la pubblicità - basandosi sull'ignoranza - ha fatto credere che il peggio fosse meglio. Una nota forza politica italiana ha applicato lo stesso metodo, della pubblicità, alla politica.

Accadico


Giovanni Semeraro crede, come è noto che le lingue indoeuropee derivino dalle lingue semitiche, in particolare dall’accadico. Premesso che l’accadico è sicuramente una lingua molto antica e probabilmente alla base di intere famiglie linguistiche, temo che l’attacco, tanto caro all’autore da poco scomparso, alla teoria dell’ndoeuropeo, nasca da un fraintendimento: ho infatti il forte sospetto – ma parlo da ignorantissimo – che l’accadico non sia una lingua semitica, e che sia stato infilato nel cassetto “semitico” solo per distinguerlo dal quasi coevo sumero.

Indoeuropeo



Giovanni Semeraro, come è noto, ritiene che non sia esistito un “protoindoeuropeo” all’origine delle lingue indoeuropee, ma che queste derivino dalle lingue semitiche, come dimostrato dalle numerose radici greche e latine (e di lingue germaniche) che si ritrovano nell’accadico. Bellissimo e illuminante studio, però quando intitola un capitolo di un suo libro “il miraggio dell’indoeuropeo” confonde la critica a tre cose diverse
1) la famiglia linguistica indoeuropea raggruppa un gran numero di lingue europee, persiane e dell’India del nord, come l’hittita, il tedesco, il sanscrito, il greco, il latino ecc. Che questa famiglia sia ben delimitata e distinta da quella semitica, che comprende lingue come l’arabo e l’ebraico mi sembra incontrovertibile; come incontrovertibile mi sembra che abbia un’origine comune: del resto, l’albero filogenetico delle lingue coincide quasi esattamente con l’albero filogenetico umano ricostruito sulla base del DNA.
2) Parallelamente al riconoscimento della famiglia linguistica indoeuropea, in Germania ci si accorgeva, all’inizio dell’ottocento, che certi fonemi diventano altri quando una lingua si evolve; per esempio, b diventa p, d diventa t eccetera (si può osservare anche confrontando il toscano con i dialetti meridionali); queste variazioni sono così costanti da configurare delle vere e proprie leggi fonetiche; ora, utilizzando a rovescio queste leggi, si può ricostruire la lingua originaria protogermanica e protoindoeuropea. La critica della validità di questo approccio è il vero oggetto della critica di Semeraro: queste ricostruzioni 1) spesso portano a delle voci che sembrano abbastanza campate in aria 2) se si confrontano le parole indoeuropee con quelle accadiche i risultati sono più convincenti e diretti. Curiosamente, la disputa è simile a quella del famoso linguista americano Joseph Greenberg, che ha proposto uno schema di classificazione delle lingue del Nuovo Mondo basata sulla comparazione diretta e assai più semplice di quella tradizionale dei linguisti americani che era basata fondamentalmente sul metodo delle leggi fonetiche; Greenberg, però, mi sembra molto più rigoroso di Semeraro.
3) La linguistica tedesca si proponeva in fondo di dimostrare la “purezza” delle lingue germaniche – un tema sviluppato ben prima del nazismo ma che nella storia delle idee è purtroppo collegato – però Semeraro si ripropone di dimostrare la superiorità delle civiltà mediterranee, che era un tema caro al fascismo – e infatti recupera un gran numero di studi italiani degli anni trenta. Purtroppo, nessuno è superiore a nessuno; se però si lascia da parte l’ideologia, sia la scuola tedesca che la scuola glottologia italiana danno interessanti contributi. Curiosamente, la scuola linguistica tedesca ha dato il suo più grande contributo quando ha smesso di tentare di spiegare l’evoluzione e l’origine delle lingue, e si è rivolta, con De Saussure (uno svizzero, quindi a metà tra Francia e Germania), allo sviluppo di una teoria generale della lingua, originando lo strutturalismo.

Infine due critiche secondarie: metodologicamente (ardisco dire anche se non sono né un filologo né un linguista) mi sembra piuttosto approssimativo, e, pur coltissimo, piuttosto provinciale, come quasi tutti gli uomini di cultura italiana. Però è un libro assai illuminante, nello specifico, con la ricostruzione di moltissime radici, nello storico, perché rimette in luce una “civitlà mediterranea” non greca, di cui parla anche Sergio Frau – per altro un giornalista - nel suo libro sulle colonne d’ercole.

mercoledì 7 ottobre 2009

Consumismo


In fondo la storia 1945-1989 è abbastanza semplice: con il consumismo si sono comprati il popolo. Adesso il consumismo non c'è più.

sabato 3 ottobre 2009

Socialdemocrazia



Una cosa che temo non a tutti sia chiara , né a destra né a sinistra, è che in tutti i Paesi d’Europa si tassano i ricchi per pagare i servizi per i poveri – qualcosa di non molto diverso viene prescritto dalla legge ebraica e dal Corano – mentre in Italia si tassano i poveri per pagare i servizi per tutti. Quando Padoa Schioppa – "pagare le tasse è bellissimo" – ha provato a proporre di fare in Italia quello che fanno nel resto d’Europa, tutti a ridere, specialmente a sinistra. Del fallimento di questo tentativo si discute in fondo oggi in Italia – tutto il resto: xenofobia, legalità, ideologia – sono ampiamente ammuina.
Quello che si è fatto in Europa si chiama socialdemocrazia –l ’esempio più eclatante è la Svezia, dove la tassazione arriva circa al 70% senza che nessuno si lamenti di vampirismo – ed era assai vituperata dai comunisti – a ragione, perché era nata per fare argine proprio a un’eventuale rivoluzione comunista, e infatti, ora che il pericolo non esiste più, si sta sgretolando. Oggi va però per la maggiore il modello anglosassone – anglosassone post-thatcheriano, perché da Roosevelt alla Thatcher i paesi anglosassoni hanno adottato la stessa politica economica della Francia, della Germania, della Svezia anche se in forma meno radicale. Il modello postthatcheriano – cioè “ognuno per sé e dio per tutti” piace molto ai ricchi, i poveri credo che non abbiano ancora espresso un parere.


Del resto, il modello socialdemocratico – ma anche lo stano modello italiano – potevano funzionare senza esasperato conflitto sociale – finché i tassi di crescita dell’economia erano elevatissimi – all’incirca dal 1945 al 1972. Oggi i tassi di crescita tendono – al di là delle crisi finanziarie – sempre più a zero, per il semplice motivo che l’economia non può crescere all’infinito.