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lunedì 5 gennaio 2015

Meno tasse per tutti

Guardavo una serie di grafici sul sito dell'ISTAT relativi alle spese pubbliche negli ultimi anni. Ci sono saldo primario, debito pubblico, indebitamento e pressione fiscale dal 2001 al 2012; saldo primario, debito pubblico e indebitamento ricalcano praticamente l'andamento del PIL, mentre mi ha colpito questo, di grafico, relativo alla pressione fiscale

Si nota un brusco aumento della pressione fiscale non nel 2008, anno dell'inizio della crisi o nel 2009, in cui il PIL italiano crollò, ma dal 2005, in corrispondenza con la finanziaria di Giulio Tremonti. Il 2005 è l'anno in cui l'UDC abbandona il governo e Siniscalco il ministero dell'economia.

Meno tasse per tutti, come promesso. Tasse dirette,  perché quelle indirette - che pagano i consumatori - sono aumentate in modo pazzesco. Per esempio, le assicurazioni auto sono quasi raddoppiate proprio per una tassa di Tremonti, come forse pochi sanno.

venerdì 2 agosto 2013

Tasse

Bersani si era presentato alle elezioni con lo slogan “l’Italia giusta”. Che significava: se vinciamo faremo pagare le tasse agli evasori (nel nostro Paese è impossibile che qualcosa venga detto i modo diretto). E ha perso le elezioni: Che sono state vinte invece dalle due forze “antitasse”. Infatti, se il Pdl dice chiaramente di essere un partito contrario per principio alla tassazione sul reddito e sul patrimonio (perché le tasse sui consumi, che sono uguali per tutt e che quindi pagano soprattutto i poveri, Tremonti le ha aumentate a dismisura), il partito di Grillo fa tante bellissime proposte spesso di sinistra, ma sul punto cruciale sia per l’economia sia per la società del Paese, e cioè la tassazione sul reddito e sul patrimonio, è dalla parte degli evasori e dei rentiers. Il che fa pensare che le interessanti proposte siano solo una cortina fumogena per nascondere il vero programma.

La tassazione in Italia crea una situazione di ingiustizia sociale forse peggiori che in qualsiasi altre parte del mondo – la tassazione grava tutta sul lavoro a reddito fisso, cioè sulla parte più povera del Paese – ingiustizia a cui assolutamente non vogliamo porre mano (credo che nel Pd abbiano tirato un sospiro di sollievo quando sono usciti i risultati delle votazioni). La cosa ironica è che se lo risolvessimo saremmo usciti dalla crisi. Se infatti, paradossalmente, in Francia hanno ben pochi strumenti per affrontare la crisi che sta cominciando a mordere anche da loro, in Italia una tassazione più equa, in cui pagano tutti secondo il proprio reddito e il proprio patrimonio, libererebbe una quantità di denaro immensa che attualmente è immobilizzata in patrimoni e consumi improduttivi. L’insufficienza di capitale è il problema storico del nostro Paese, che è stato sempre risolto con la spesa pubblica, che però ormai è insostenibile dato il livello del debito pubblico. C’è da dire che se nel nostro Paese la disparità di reddito mantenuta dal sistema fiscale raggiunge livelli impressionanti, il problema è in realtà di molti Paesi sviluppati (USA in primis). E che l’Unione Europea ha raccomandato di spostare la tassazione dal reddito ai consumi – misura che forse può funzionare in Svezia, ma in Italia curerebbe la malattia con il male.

sabato 3 ottobre 2009

Socialdemocrazia



Una cosa che temo non a tutti sia chiara , né a destra né a sinistra, è che in tutti i Paesi d’Europa si tassano i ricchi per pagare i servizi per i poveri – qualcosa di non molto diverso viene prescritto dalla legge ebraica e dal Corano – mentre in Italia si tassano i poveri per pagare i servizi per tutti. Quando Padoa Schioppa – "pagare le tasse è bellissimo" – ha provato a proporre di fare in Italia quello che fanno nel resto d’Europa, tutti a ridere, specialmente a sinistra. Del fallimento di questo tentativo si discute in fondo oggi in Italia – tutto il resto: xenofobia, legalità, ideologia – sono ampiamente ammuina.
Quello che si è fatto in Europa si chiama socialdemocrazia –l ’esempio più eclatante è la Svezia, dove la tassazione arriva circa al 70% senza che nessuno si lamenti di vampirismo – ed era assai vituperata dai comunisti – a ragione, perché era nata per fare argine proprio a un’eventuale rivoluzione comunista, e infatti, ora che il pericolo non esiste più, si sta sgretolando. Oggi va però per la maggiore il modello anglosassone – anglosassone post-thatcheriano, perché da Roosevelt alla Thatcher i paesi anglosassoni hanno adottato la stessa politica economica della Francia, della Germania, della Svezia anche se in forma meno radicale. Il modello postthatcheriano – cioè “ognuno per sé e dio per tutti” piace molto ai ricchi, i poveri credo che non abbiano ancora espresso un parere.


Del resto, il modello socialdemocratico – ma anche lo stano modello italiano – potevano funzionare senza esasperato conflitto sociale – finché i tassi di crescita dell’economia erano elevatissimi – all’incirca dal 1945 al 1972. Oggi i tassi di crescita tendono – al di là delle crisi finanziarie – sempre più a zero, per il semplice motivo che l’economia non può crescere all’infinito.

lunedì 6 luglio 2009

bellissimo


Tutti ricorderanno di quand Padoa Schioppa disse che pagare le tasse era bellissimo. E tutti a ridere, specialmente a sinistra. Bellissimo di solito si associa al sublime: un cielo stellato, un tramonto . Ma una delle principali scoperte della modernità è che ci sono cose che sono bellissime senza per questo essere sublimi. Pagare le (giuste) tasse è un’invenzione bellissima: significa che i servizi li paghiamo tutti insieme invece che ciascuno per conto proprio; in questa socialità un credente vedrebbe la scintilla divina. E proprio queste sono le cose bellissime

mercoledì 22 ottobre 2008

Comunicazione

1) come sa benissimo la destra (anche se l’idea è copiata dalla sinistra), uno slogan, se ripetuto moltissime volte, diventa vero. Se lo slogan “le tasse sono bellissime” fosse stato ripetuto un quarto delle volte che è stato ripetuto lo slogan dell’”italianità”, sarebbe diventato convinzione comune – anche più facilmente degli slogan di destra, perché che le tasse siano bellissime (perché permettono di pagare i servizi pubblici) è vero, mentre ”italianità” nel 2008 non significa quasi niente. Certo, gli slogan di destra titillano i vizi degli italiani (per esempio lo slogan delll’italianità titilla i complessi di inferiorità verso Paesi più ricchi e potenti che gli italiani non ammettono mai), e sono quindi più “facili” (questo intendono in realtà i commentatori), mentre gli slogan di sinistra incitano alla virtù, e sono quindi più “difficili”, ma non posso credere che il “popolo” preferisca sempre le cose facili. La storia dimostra che non è assolutamente vero.
2) I commentatori dicono che gli slogan di Berlusconi sono senza contenuto. Se guardiamo alle frasi di Berlusconi “sono sceso in campo perché non voglio vivere in un’Italia illiberale”, e se ci ricordiamo che sono state pronunciate subito dopo la dissoluzione di DC e PSI, il messaggio è tutt’altro che vuoto: significa “non voglio cambiare, non voglio che vadano al governo le (moderatissime) sinistre, voglio continuare col sistema con cui per 50 anni ha governato la DC”. E gli italiani hanno votato per Berlusconi, perché, purtroppo, una maggioranza – forse non poi così larga - non ha mai digerito tangentopoli. Quante volte ho sentito frasi del tipo “quelli che c’erano prima rubavano, ma ci facevano stare bene”. Che stessimo bene è tutto da vedere, però c’erano alcuni che stavano molto bene, e agli altri bastava illudersi di stare bene come questi alcuni.
3) Certamente i messaggi di Berlusconi richiedono l’uso massiccio (per usare un eufemismo) dell’informazione, ma non perché sia un fine comunicatore – per titillare i vizi di un popolo non serve essere grandi oratori, basta avere gli stessi vizi di questo popolo, i grandi oratori, come Demostene, sono quelli che sferzano i vizi di un popolo – ma perché è necessario che non ci sia nessun messaggio diverso– non contano i messaggi che compaiono sui mezzi d’informazione che sono letti solo o quasi dalle persone di sinistra, e, in minore misura, quelli che sono espressi nel linguaggio della sinistra (antifascismo, regole, ecc.) – Veltroni recentemente ha detto qualcosa del genere.