mercoledì 22 ottobre 2008

Comunicazione

1) come sa benissimo la destra (anche se l’idea è copiata dalla sinistra), uno slogan, se ripetuto moltissime volte, diventa vero. Se lo slogan “le tasse sono bellissime” fosse stato ripetuto un quarto delle volte che è stato ripetuto lo slogan dell’”italianità”, sarebbe diventato convinzione comune – anche più facilmente degli slogan di destra, perché che le tasse siano bellissime (perché permettono di pagare i servizi pubblici) è vero, mentre ”italianità” nel 2008 non significa quasi niente. Certo, gli slogan di destra titillano i vizi degli italiani (per esempio lo slogan delll’italianità titilla i complessi di inferiorità verso Paesi più ricchi e potenti che gli italiani non ammettono mai), e sono quindi più “facili” (questo intendono in realtà i commentatori), mentre gli slogan di sinistra incitano alla virtù, e sono quindi più “difficili”, ma non posso credere che il “popolo” preferisca sempre le cose facili. La storia dimostra che non è assolutamente vero.
2) I commentatori dicono che gli slogan di Berlusconi sono senza contenuto. Se guardiamo alle frasi di Berlusconi “sono sceso in campo perché non voglio vivere in un’Italia illiberale”, e se ci ricordiamo che sono state pronunciate subito dopo la dissoluzione di DC e PSI, il messaggio è tutt’altro che vuoto: significa “non voglio cambiare, non voglio che vadano al governo le (moderatissime) sinistre, voglio continuare col sistema con cui per 50 anni ha governato la DC”. E gli italiani hanno votato per Berlusconi, perché, purtroppo, una maggioranza – forse non poi così larga - non ha mai digerito tangentopoli. Quante volte ho sentito frasi del tipo “quelli che c’erano prima rubavano, ma ci facevano stare bene”. Che stessimo bene è tutto da vedere, però c’erano alcuni che stavano molto bene, e agli altri bastava illudersi di stare bene come questi alcuni.
3) Certamente i messaggi di Berlusconi richiedono l’uso massiccio (per usare un eufemismo) dell’informazione, ma non perché sia un fine comunicatore – per titillare i vizi di un popolo non serve essere grandi oratori, basta avere gli stessi vizi di questo popolo, i grandi oratori, come Demostene, sono quelli che sferzano i vizi di un popolo – ma perché è necessario che non ci sia nessun messaggio diverso– non contano i messaggi che compaiono sui mezzi d’informazione che sono letti solo o quasi dalle persone di sinistra, e, in minore misura, quelli che sono espressi nel linguaggio della sinistra (antifascismo, regole, ecc.) – Veltroni recentemente ha detto qualcosa del genere.

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