martedì 30 novembre 2010

Vieni via con me


Sul programma "Vieni via con me" tutti a dire che ha inventato un nuovo linguaggio televisivo. I giornalisti, si sa, hanno una cultura raccogliticcia: Fazio non ha inventato nessun linguaggio, ha solo avuto l'dea - rodata in anni di "Che tempo che fa" - di parlare di politica con il linguaggio del varietà - suo grande amore infantile - ottenendo d'un coup il risultato che la politica finalmente può essere capita da tutti. Dico finalmente, perché la "gente" è stata sempre tenuta lontano dalla politica. perché pensiamo all'era dei partiti di massa come a un periodo di grande partecipazione popolare, ma prendiamo per esempio il PCI (il discorso vale con poche variazioni per gli altri partiti): dopo un ampio dibattito che coinvolgeva capillarmente la "base", decideva tutto il comiato centrale (il cosiddetto centralismo democratico) - la nuova sinistra nacque anche come tentativo di una maggiore partecipazione. Solo con la caduta del muro, però, questo sogno di una partecipazione di tutta la popolazione all'agone politico ha cominciato a essere possibile. Purtroppo, la "gente", a cui era concesso di chiaccherare di politica ma non di farla, mancava di strumenti, non capiva il linguaggio della politica, sicché 1) sono potuti spuntare fuori personaggi come D'Alema che hanno tentato di riproporre il centralismo democratico sotto forma di esaltazione del professionismo della politica 2) sono nati movimenti che davano una risposta qualunquista a un profondo desiderio di partecipazione (Grillo) 3) sono nati i talk show politici, regno del "contraddittorio", in cui è impossibile trovare uno straccio di idea - e la politica si fa prima di tutto con le idee e subito dopo con la tecnica politica. Il "contraddittorio" era fondamentale per il berlusconismo: per 16 anni siamo stati a tifare roma-lazio senza discutere di nessun problema politico, esattamente come voluto da un personaggio che ritiene che i cittadini non debbano fare politica (come la Gelmini ha avuto l'ingenuità di dichiarare) ma devono solo plebiscitare il capo.
Parlando di politica con il linguaggio del varietà un'arte ardua come la politica viene finalmente capita da tutti: e questo incidentalmente causa la morte del "contraddittorio" berlusconiano, che, ripetiamolo, serve a non far emergere le idee e ad allontanare i cittadini dalla partecipazione alla cosa pubblica. Tra l'altro la politica è coinvolgente e appassionante: il che dà contenuto e anima al varietà, di per sé un format noiosissimo.
C'è un altro aspetto semplice e geniale allo stesso tempo in questo programma: ha risolto il problema di come parlare di libri in televisione. Alcuni - per esempio Guglielmi - pensavano che fosse impossibile; Baricco portò con successo in televisione il piacere del racconto, che però non è il piacere della letteratura, che è il piacere delle parole; Fazio ha avuto l'idea semplice di far parlare uno scrittore. Ha avuto, c'è da dire, la botta di fortuna di incontrare un grandissimo scrittore trentenne; è giovane, per lui la televisione quindi è lingua madre; però il modo di parlare di Saviano è letterario nella sua forma più alta. Ho sentito un ragazzetto di 18 anni che diceva che Saviano è magnetico: è proprio il magnetismo che emana la parola letteraria e che si trova solo nei grandi romanzi e nelle grandi poesie.

sabato 27 novembre 2010

Resistenza


Ormai tutti (sui giornali) parlano di guerra civile al posto di Resistenza, secondo la locuzione introdotta da Claudio Pavone. Non capisco bene perché: i fascisti italiani hanno partecipato assai poco ai combattimenti, che erano essenzialmente tra partigiani e tedeschi, in primis perché i tedeschi non si fidavano degli italiani e affidavano loro soprattutto il compito di delatori, informatori e torturatori.

mercoledì 17 novembre 2010

Intellettuali


Dall'inizio della modernità, uno dei pilastri di un qualsiasi paese sono gli intellettuali, ruolo di solito è svolto da scrittori, come Voltaire, Sartre, ecc. In Italia - con l'eccezione della prima metà dell'ottocento, che vede personaggi come Leopardi, Manzoni, Cattaneo - veri intellettuali sono stati praticamente assenti, perché erano prerogativa e monopolio della Chiesa - una rara eccezione è stata Pasolini. Oggi però cominciano ad apparire personaggi come Saviano, del tutto paragonabili a figure come Rushdie o Abraham Yehoshua. Segno della laicizzazione del Paese.

domenica 14 novembre 2010

Chiesa


Spesso siamo abituati a vedere la Chiesa come una forza politica reazionaria, contraria in particolare alla modernità in tutte le sue forme. Eppure nella sua storia la chiesa ha spesso avuto la tentazione di assumere posizioni di "sinistra": le è sempre andato malissimo. Il caso più emblematico sono i papi umanisti del Rinascimento, che sposarono la sintesi di cultura cristiana e antica propugnata da Firenze - nel tentativo per altro di estendere l'influenza temporale della Chiesa sulla cristianità: finì con il sacco di Roma del 1527.

giovedì 11 novembre 2010

Engineers


There are many parallelisms between Gadda's "pasticciaccio" and Musil's "Mensch ohne Eigenschaft". Both are baroque in the language, both don't have an end, both believe that reality is not possible to represent, and both are written by engineers. I think the studies of the authors are determinant for their poetic; engineers study for years the perfect world of mathematical and physical abstraction, and then, when they pass to application, they find that these abstraction don't capture many facets of the real world; they are so convinced that reality is diryt and inconsistent, simply because it don't has the pureness of mathematics. This attitude is very different from that ofthe physicist, that is not confronted with application and usually believes that the world is just a shell of illusion atound a core of perfect logic.

domenica 24 ottobre 2010

Crisi

Si sente spesso l'argomento che gli italiani, proprio nel momento in cui cadono più in basso, dimostrano una capacità di ripresa che altri paesi non hanno. Ci si riferisce soprattutto all'ultima guerra e alla ricostruzione, ma se si va indietro nel tempo si dimentica che non è stato sempre così. Ricordiamo il Rinascimento per le arti, ma dimentichiamo spesso che la fioritura delle arti era possibile perché l'Italia era straricca: i Medici erano gli uomini più ricchi d'Europa. All'inizio del '500, da una parte questa ricchezza stimolò l'avidità delle potenti monarchie vicine, in particolare Francia e Spagna, che ridussero l'Italia - divisa in tanti piccoli stati - a una colonia; dall'altra le scoperte geografiche spostarono i traffici da una scala europea a una scala mondiale - la prima globalizzazione. Tutto questo portò al collasso dell'economia italiana, che precipità in una miseria da cui è riuscita a riprendersi (con l'eccezione di alcune aree del nord-ovest) solamente negli anni '50, ai tempi del boom.

sabato 23 ottobre 2010

Carry trade

La sapéculation sur les changes des monnaies, risque de exploser l'euro. Voila la raison pour laquelle les gouvernements - de droite et de gauche - d'Europe sont en train de couper louirdement les bilans - un déficit excessif jou en faveur des spéculateurs. On raconte pourtant au peuple que cela c'est à cause de la crise, il ne faut pas le reinsegner sur les spéculaterus, car les genes pourraient demander: pourqoi n'arretez pas les spéculateurs au lieu de couper le welfare? De quoi discutez-vous donc dans les G8 et les G20?
Pendant ce temps, le déficit italien continue a s'accroitre - on coupe absurdement les dépenses pour l'instruction, mais personne songe à couper par exemple les dépenses des ministère, qui sont une source inéstimable de consensus éléctoral.

sabato 3 luglio 2010

Tremontonomics


Da molto tempo gran parte dei settentrionali sono convinti di mantenere con il loro lavoro il Mezzogiorno. Ovviamente non c'è nulla di reale, e si tratta anzi di un'idea lievemente paranoica, ma come si sa i fantasmi sembrano più reali della realtà. E infatti per rispondere a questi fantasmi Tremonti ha tagliato tutto quello che in qualche modo rappresenta trasferimento dello stato al sud - insegnanti, polizia, cultura. La cosa non ha alcuna utilità o senso dal punto di vista economico - infatti il disavanzo vola alle stelle, si distrugge il capitale umano più qualificato e si rischia la deflazione - ma così gli elettori della lega sono contenti.

lunedì 28 giugno 2010

Paesaggio italiano


Molti segnalano, giustamente, come in particolare negli ultimi anni il bellissimo paesaggio italiano sia stato praticamente distrutto. Non va dimenticato, tuttavia, che la bellezza di questo paesaggio è stata celebrata non dagli italiani, ma dagli stranieri. Bellissimi paesaggi si notano sullo sfondo dei quadri rinascimentali, ma la celebrazione degli scorci più famosi d'Italia si deve a pittori stranieri, in particolare nel XVIII e XIX secolo.

domenica 13 giugno 2010

Politique économique

Jusqu'à la crise du 2008, le dollar était faible et l'euro étati fort, avec un efflux net de monnaie de l'Europe à l'Amérique; ils nous ont raconté que l'Europe étati moins efficiente que l'Amérique, tandis que l'Amérique s'endettaite énormement, jusqu'au collapse du 2008.
Aujourd'hui ils nous comptent qu'il faut se defendre de la spéculation, tandis que le problème réel c'est la baisse croissance et que donc ils faudrait imposter des politiques économiques expansives.
Nos politiques économiques sont dominées par l'imperatif de augmenter la production nette (ou bien, de augmenter toujopurs les profits), ce qui serait raisonnable dans un pays en voie de développement; mais dans les économies mûres il serait oplus raisonnable d'établir des polotiques économiqes qui règlent le deroulement harmonieux de l'économie.

giovedì 10 giugno 2010

Art. 21


Si dice che bisogna garantire la libertà di impresa. Ma questa è già garantita dall'art. 21 della Costituzione, che tra l'altro fu proposto da un liberale (vero, non fasullo) Luigi Einaudi, e difatti non è altro che l'applicazione all'ambito economico della massima liberale "la mia libertà finisce quando comincia quella di un altro".

Purtroppo quando dicono libertà, intendono preopotenza

venerdì 12 marzo 2010

Monétarisme


C'est curieux. Nous avons, en Europe, une monnaie fédérale, mais non pas une taxation fédérale. Prodiges de l'extremisme monétariste. Le monétarisme a été inventé en Amérique, mais les Etats Unis ont conservé une robuste dépense fédérale (surtout adressé a l'armée, bien sûr). Nous avons adopté un monétarisme extrémiste, qui va plonger dans la debâcle les ainsi-dits "PIGS (Portugal, Espagne, Italie, Grèce).

mercoledì 10 marzo 2010

Chiesa


In questi giorni in Germania non si fa altro che parlare dei preti pedofili. Sta a vedere che quel furbacchione di Ratzinger, per tenersi i lefebvriani - che sono dieci in tutto - si perde la chiesa tedesca - grande, importante e pure ricca? Successe qualcosa del genere ai tempi di Martin Lutero - il che portò non solo allo scisma della chiesa d'occidente, ma anche trascinò l'Italia nella rovina proprio nel momento del massimo splendore del Rinascimento.

martedì 19 gennaio 2010

Gleichgewicht

Berlusconi hat vielleichte seine Genialität; generell verkauft man sich an einem einzelnem Kaufer, der Premier hat sich verkauft an allen - Mafia, Freimauerei, Geheimdienst, Faschisten - so dass alle diese Kräfte in Gleichgewicht sich einander halten und er kann seine Freiheit - und Interesse - vefolgen. Diese Denke hatte ich wenn ich die schöne Gechichte der Berlusconis Abenteuer von Travaglio in Theater gehört habe.

sabato 16 gennaio 2010

Machiavellismo


Gli italiani, specialmente politici, si ritengono assai machiavellici. In verità, poco ha a che fare il machiavellismo con Machiavelli. Per essere machiavellici veramente bisogna avere le virtù della volpe e del lione, il che corrisponde moltoall'evangelico "siate astuti come serpenti e candidi come colombe" e poco con "il fine che giustifica i mezzi" - principio nato in seno alla chiesa, che per secoli l'ha praticato.

giovedì 14 gennaio 2010

Processo a Galileo


Usualmente, il processo a Galileo viene visto come uno scontro tra ragione e oscurantismo. Ma Galileo ha tentato in realtà di dimostrare che le verità scientifiche non sono in contrasto con la fede, e, dopo la pubblicazione del Sidereus Nuncius, era anche riuscito a convincere il capo degli astronomi vaticani, Christophorus Clavius, della bontà della teoria copernicana. Galileo commise anche l’errore di essere, nel Dialogo sui Massimi Sistemi, troppo provocatorio rispetto a quanto potessero tollerare i cortigiani del Papa. Del resto, il conservatorismo culturale è frequente anche tra gli scienziati, in cui atteggiamenti cortigiani non sono rarissimi. La sfortuna di Galileo è stata soprattutto quella di vivere nell’epoca dell’assolutismo, che non era solo della chiesa, spaventata e in piena Controriforma, ma di tutti gli stati dell’epoca (con l’eccezione di Olanda e Svizzera), e non nel Rinascimento dei papi umanisti.

Razzismo


E’ del tutto vero che i leghisti non sono razzisi: assolutamente non cacciare gli immigrati, ma avere gli schiavi, questo è ciò che vogliono – come hanno chiarito i fatti di Rosarno. I romani non avevano un filo di razzismo, però avevano gli schiavi e anzi Seneca dice di trattarli bene, perché sennò si ribellano – quasi profetizzando la tanto sottolineata integrazione in Veneto.

mercoledì 6 gennaio 2010

Macroregioni


In Italia le entità con potestà amministrativa sono fondamentalmente il comune e la regione - le province infatti si vuole abolirle. Ciò ha origini storiche, in quanto le regioni corrispondono grosso modo ai piccoli stati italiani (anche se Venezia e Regno delle Due Sicilie risultano spezzettati) e i comuni corrispondono alla tradizione comunale. Tuttavia, sarebbe molto più logico che il sistema si basasse su entità più grandi, cioè le macroregioni e le province. Per quanto riguarda le prime, solo le macroregioni - NW, NE, C, S e isole - hanno la massa crititca che ha per esempio un Land tedesco -e infatti nel sistema statistico dell'EU macroregioni e Land corrispondo al level 1 mentre le regioni e il Regierungsbezirk al level 2 - per quanto riguarda le seconde, se in città quasi non ce ne accorgiamo, in provincia (appunto) sono l'entità di riferimento per quasi tutti gli obblighi amminsitrativi.


Un compromesso potrebbe essere lasciare la potestà legislativa alle regioni ma dare autonomia fiscale alle macroregioni - il che potrebbe bilanciare la finanza allegra che spesso avviene a livello regionale.


Un altro aspetto interessante - anche se per ora fantascientifico - sarebbe di istituire una camera delle macroregioni. Le quattro macroregioni - NE, NW, centro (compresa Emilia Romagna, Abruzzo e Molise), sud e isole - hanno popolazione all'incirca equivalente di circa 18 milioni di abitanti, tranne il NE che ha solo 6 milioni di abitanti. Si potrebbe pensare che ciascuna elegga 26 rappresentanti, tranne il NE che ne eleggerebbe 13 - con proporzionale secco, in realtà con un'alta soglia di sbarramento a causa del basso numero di deputati (91 in tutto) e quindi del quorum elevato. Questo sistema avrebbe alcune conseguenze:


1) le macroregioni sono unità culturalmente omogenee (tranne il NW, e la Sardegna che fa parte a sé)

2) si avrebbe una sintesi tra istanze locali e nazionali

3) il Pd sarebbe probabilmente ridimensionato, mentre sarebbero favorite la lega e probabilmente la componente ex MSI del Pdl, con forte radicamento locale; se l'Udeur sarebbe molto favorito, probabilmente UDC e componente ex socialista di Pdl, senza un gran radicamento locale, sarebbero forse sfavoriti

4) le forze più estreme sarebbero contemporaneamente svantaggiate - dall'alto quorum - e avvantaggiate - dal collegio ampio


Una tale camera sarebbe bene fosse bilanciata da una seconda camera - mi viene in mente una camera di circa 100 eletti con l'uninominale su collegi corrispondenti alle province.


In Italia oggi si scontrano posizioni localiste e centraliste. Ma occorrerebbe arrivare a una sintesi: i vantaggi dello stato unitario sono innegabili soprattutto nella garanzia dei diritti, ma non si può trascurare l'importanza della nostra tradizione soprattutto comunal (e non regionale: la Repubblica di Venezia era il contado di una città). L'intuizione dell'Italia dei sindaci di qualche anno fa - oggi spazzata via - era assai feconda.


Ovviamente questa su cui qui elucubro è fantascienza istituzionale. E' come la proposta, più volte avanzata dagli specialisti, di elezioni con collegio uninominale in cui si esprimono però tre candidati in ordine di preferenza ; sarebbe il sistema perfetto, però non si realizzerà mai, per motivi soprattutto psicologici, perché con questo sistema non sembra di votare per un candidato ma di fare un sondaggio. Tenendo conto tuttavia che gli elettori spesso non sanno che - grazie ai giochi di ingegneria istituzionale - i loro voti non hanno lo stesso peso a seconda di chi votano - e che nessuno sembra volerli informare di ciò - forse sarebbe bene cominciare a pensare a qualcosa del genere.

Mobilità


In Italia si assiste, nel dibattito pubblico, a una curiosa schizofrenia. Da una parte - specialmente contro gli scioperi nei trasporti e i cortei in città - si invoca il diritto alla mobilità, che non esiste - e non si vede come potrebbe esistere, si tratterebbe di qualcosa di simile a un diritto al brodino di pollo - mentre la Lega - chiedendo che gli insegnanti del nord siano tutti del nord ecc. - attacca continuamente il diritto alla libera circolazione, che è tutt'altro - significa che nessuno può essere impedito dal risiedere in un posto o nell'altro della Repubblica. Magia della semantica delle parole.

Casini


Qualcuno dovrebbe ricordare all'On. Casini - che odia i no-global - che a Genova c'erano caterve di cattolici, con il tacito consenso di Wojtila, e che hanno preso un sacco di manganellate - e anzi le manganellate e le tortura sono arrivate proprio perché la Chiesa aveva deciso di appoggiare i no-globale - una sorta di schiaffo di Anagni del 2000

martedì 5 gennaio 2010

Superclass


Exceptionnellement, je présent un article de Giorgio Ruffolo (L'Espresso 28 settembre 2008) qui décrit bien la situation économique et politique actuelle.


Fino a qualche tempo fa l'attenzione degli economisti era attratta dalla estensione della povertà. Da qualche tempo, l'interesse si è spostato invece sui ricchi. Anzi, sui ricchissimi. Non è voyeurismo. Si tratta di sapere in che tipo di società viviamo e come si esce dalla situazione attuale della crisi del capitalismo. Il posto occupato dai ricchissimi non ha molto a che fare con tutto ciò. Uno dei lavori più recensiti, in America, è quello di David Rothkopf, personaggio eminente sia nel campo degli studi socia­li, sia, soprattutto, negli ambienti politici, È stato vicino a Clinton e a Rockefeller. Il suo ultimo libro, "Superclass" (Mondadori), continua a fare rumore, anche perché è con super ricchi (dice che sono seimila circa), i protagonisti del suo testo, che chi oggi pensa di rifondare il capitalismo, dovrà fare i conti. Rothkopf li incontra a Davos, dove si aggirano le ombre della montagna incantata di Thomas Mann: il fascino della signora Chauchat, la pudica malinconia di Hans Castorp. Ce li presenta in uno di quei mondanissimi convegni annuali che sembrano (sembravano) dare indirizzo e razionalità alla globalizzazione. (...). C'è una una sola fede: incrollabile, come quella dei templari, o dei massoni, la fede nel supercapitalismo, liberato da ogni vincolo nazionale e da ogni preoccupazione sociale. Ciò che distingue il nostro tempo infatti non è resistenza di élites nazionali, ma la presenza di una élite sciolta da legami di terra e di sangue, librata in una "candida rosa" al di sopra dei governi, degli Stati, delle nazioni. Una élite vera, nel senso della capacità di governo? E lecito nutrire qualche dubbio, dal momento che fino a poco fa molti di loro, alla testa di banche, erano ignari della spazzatura che si era accumulata nei loro forzieri. Viene il dubbio che non si tratti di una élite e di un governo mondiale ma di un ceto di mandarini privilegiati e irresponsabili: una "schiuma". I loro stipendi eguagliano i redditi di intere nazioni. Non si dovrebbero neppure chiamare stipendi perché non appartengono alla categoria del lavoro e neppure a quella del capitale, ma della rendita (di posizione). Un giorno si dovrà fare il bilancio di quanto è costato alla comunità mondiale questo capitalismo finanziario che ha generato questa plutocrazia irresponsabile. Si dovrà fare il confronto tra il capitalismo regolato degli anni Cinquanta e Sessanta, gli anni del compromesso socialdemocratico, l'età dell'oro, quando una forte crescita si accompagnava con la riduzione delle disuguaglianze; e il capitalismo finanziario generato tra la fine degli anni Settanta e rinizio degli Ottanta dalla decisione strategica del duo Thatcher-Reagan, di liberalizzare i movimenti di capitale. Sono queste le decisioni di governo, non le conferenze di Davos, che hanno segnato la mercatizzazione mondiale dello spazio (globalizzazione) e del tempo (finanziarizzazione). Il fallimento del mercato non si rivela infatti nelle Borse che vanno a picco ma nell'incapacità di generare una economia sostenibile ambientalmente ed equa socialmente. Ma è un fallimento che mette a rischio anche la democrazia. E forse è questa la vera sfida del prossimo futuro. Stiamo parlando dell'aumento della potenza delle corporation rispetto agli Stati nazionali. Nel 2007 il prodotto lordo mondiale era stimato in 47 trilioni di dollari. Le vendite delle prime 250 imprese multinazionali ammontavano a 15 trilioni. Di quelle 250 macroimprese le prime cinque contavano più del prodotto totale di duecento Stati del mondo. Prendiamo gli Stati con più di 50 miliardi di dollari di prodotto nazionale lordo e le imprese con più di 50 miliardi di dollari di vendite. I primi sono 60, le altre 166. Come indici approssimativi del loro potere mondiale le cifre parlano chiaro. La potenza del mondo si concentra in pochi soggetti privati, politicamente irresponsabili; ma decisivi quanto alla selezione dei candidati alle elezioni dei paesi democraticatici. Qui si innesta l'aspetto decisivo dello slittamento dai potere dagli Stati alle corporation: non solo l'enorme flusso di denaro che da queste si riversa sulla classe politica nelle forme del finanziamen­to illegale, ma sempre più in quelle ormai aperte dei giganteschi contributi eletto­rali. Quello che era una vol­ta il mercato furtivo delle tangenti è diventato l'acqui­sto all'ingrosso dei candidati e dei partiti in occasione delle contribuzioni alle ele­zioni presidenziali e parla­mentari, perfettamente legali. All'afflusso del denaro si aggiunge la pressione lobbistica. Dal 1975 al 2005 il numero dei lobbisti registrato a Washington è passato da 3.400 a 33.000. Nel 2005 gli uffici della Commissione europea di Bruxelles ospitavano diecimila lobbisti. E le pressioni non hanno bisogno di essere esercitate illegalmente, perché ogni atto politico, anche il più banale, come un appuntamento, ha un prezzo di mercato. (...). La pubblicità è il più formidabile strumento in mano alle grandi corpora­tion per sostenere il loro potere. È uno stru­mento sostanzialmente politico, in quanto comanda l'allocazione delle risorse attra­verso l'asimmetria dell'informazione. L'ammontare mondiale delle spese pubblicitarie è stimato in oltre 500 miliardi di dollari, circa l’1,3 % del prodotto lordo mondiale, e più di sette volte la spesa de­stinata alla ricerca sanitaria (70 miliardi di dollari). Maggiore del budget militare degli Stati Uniti (425 miliardi di dollari). (...) Ma che cosa re­sta della democrazia, se i poteri irresponsa­bili delle multinazionali surclassano gli Stati nel controllo delle risorse; se sono in grado di controllare le fonti delle decisioni po­litiche attraverso il lobbismo sistematico; se sono in grado di orientare i flussi della domanda verso la loro offerta di beni (e di mali) privati, deprimendo l'offerta di beni sociali? Lo spazio delle decisioni basate sulla partecipazione e sul consenso dei cittadini si restringe implacabilmente, mentre si amplia quello basato sulle decisioni di consumo largamente influenzate dalle scelte di investimento delle grandi corporation. A Davos, in quella montagna disincantata, non c'è più traccia dellajpudica malinconia di Hans Castorp e del sorriso affascinante della signora Chauchat. C'è solo il vocìo profano dei ricchissimi che si complimentano rassicurandosi reciprocamente. Fino a che qualcuno non oserà a sfidarli.

domenica 3 gennaio 2010

Merito


I meritocrati, quando parlano di merito, intendono non la bravura, le capacità, la compentenza, ma bensì l'obbedienza. Secondo questo criterio, Leonardo - che non era obbediente per niente - non avrebbe avuto merio - e ci sono esempi analoghi recenti. Del resto, un capo capace non ha bisogno della coercizione se non in casi eccezionali, in quanto i subalterni lo rispettano e capiscono l'importanza della sua direzione; i capi mediocri hanno bisogno di obbedienza.

sabato 2 gennaio 2010

Ottimismo

Ottimista è colui che, pur quando le cose non vanno bene, dice "nonostante tutto ce la possiamo fare". Chi, quando ci sono dei problemi, afferma che tutto va bene, che non c'è nulla di cui preoccuparsi, non è un ottimista, è uno struzzo.