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sabato 28 ottobre 2017

Nazione, continuum linguistico

Coloro che hanno creato il concetto romantico di nazione (che sono essenzialmente scrittori) fondavano l'unità di popolo sull'unità di lingua. I linguisti ci dicono che non è possibile dire dove comincia una lingua e finisce un'altra, in quanto generalmente esistono i continuum linguistici, in cui due dialetti adiacenti sono mutualmente intelligibili ma non con dialetti più lontani. Per esempio tra l'Italia e il Portogallo esisteo (o meglio esisteva) un continuum linguistico per cui tra Eboli e Napoli si capiscono ma tra Eboli e Frosinone no.

Questo continuum linguistico è stato spezzato tra il XVI e il XVII secolo  in diversi stati nazionali (Portogallo, Spagna, Francia, e tardivamente Italia) che hanno una superficie approssimativamente corrispondente al territorio che può essere raggiunto rapidamente dall'esercito del re, e che poco hanno a che fare con i reali confini linguistici. Una volta creato lo stato intorno alla capitale al re al suo esercito, è stata creata la lingua nazionale o partendo da un dialetto particolare (il parigino, il fiorentino, il dialetto di Hannover), e trasformandolo in lingua standard soprattutto ad opera degli scrittori. Il caso dell'Albania è per esempio interessante, in quanto i dialetti albanesi sono mutualmente intelligibili ma con difficoltà (un po' come l'italiano e il portoghese) e la lingua standard è recentissima, creata sul modello del dialetto parlato da Hoxha. In conclusione, il processo è esattamente l'inverso di quello devisato dai romantici, dalla nazione alla lingua nazionale e non viceversa. Va detto che l'Italia fa un po' eccezione, in quanto la lingua nazionale è stata creata da Dante Petrarca e Boccaccio nel 1300 500 anni prima della creazione dello stato nazionale, e la difficoltà di apprendere questa lingua letteraria, sperimentale e latineggiante da parte di persone che di madrelingua sono dialettofone, spiega forse i gravi ritardi cutlurali del nostro paese.


sabato 6 giugno 2015

China

As can be see from the end. this is not a lecture on China, but on the West, and an appeql to hombleness for our arrogant civilisation. Anyway, it suggests a few reflections about my beloved China.

1) American long for a China split into many medium-sized states instead than a huge empire challenging the supremacy of USA. They therefore support the idea that China is not a nation, that chinese is not a unitary language, etc. Anyway, Jaques has some reason to think that China is not a nation in the sens of western nations. Bit this has historical reasons: the national states arose in the Reneissance, but the Reinessance was possible only because the Roman Empire collapsed, and China had not a Reinessance, precisely because the Chinese Empire never collapsed, but slowly evolved into a super-advanced civilisation without ever leaving the Middle Age.

2) Jacques stresses the fundamental point that Chinese see the state as the head of the family. This is a brilliant idea of Confucius: he managed to unite the chinese, simply by stating that China is a single, big family. Western states are not based on familial ties, but on the social contract.

3) Finally, I would like to underscore that the writing system is very different from the alphabet, and this leads to a different way of reasoning: Westerns think is linearly, whereas Chineses think in a ntework - not differently from Jesuits, who in fact had a high esteem of the Chinese people.

Jacques is right in saying that we are ignoran about China. We should ask Chinese to present themselves, abyway, not clever and expert British.


martedì 1 settembre 2009

fascismi


Tre cose diverse sono in realtà i fascisti italiani. Ci sono i fascisti del tipo Gelli, che hanno perso l’anima, o meglio, l’hanno venduta al diavolo – il diavolo, come insegna il libro dell’Apocalisse, sono i soldi e il potere. Questo tipo sospetto si stia estinguendo, anche se continua a mantenere la sua estrema pericolosità – apprendisti Gelli si trovano piuttosto tra parecchi leghisti. Ci sono poi i benpensanti e i bigotti, che nella forma colta sono genericamente antimoderni. Infine la categoria più ampia è rappresentata da maschi castrati dalla potentissima ctonia madre mediterranea, che cercano di conquistare l’agognata virilità con la violenza e la sopraffazione (quest’ultima cosa diversa dalla prevaricazione). In Sicilia il tipo fascista è estremamente diffuso, anche tra moltissimi che mai vorrebbero definirsi fascisti, e acutamente Vitaliano Brancati ne ha individuato l’origine proprio nel complesso di castrazione. Questo spiega i problemi con la libertà delle donne, con gli omosessuali (che tuttavia erano ben maggiori a sinistra), la retorica (segno di ipocrisia) ecc.
Lascio da parte i nazionalisti, che erano la base del fascismo mussoliniano. I nazionalisti sono molto pochi anche, e soprattutto, a destra.