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mercoledì 6 gennaio 2010

Macroregioni


In Italia le entità con potestà amministrativa sono fondamentalmente il comune e la regione - le province infatti si vuole abolirle. Ciò ha origini storiche, in quanto le regioni corrispondono grosso modo ai piccoli stati italiani (anche se Venezia e Regno delle Due Sicilie risultano spezzettati) e i comuni corrispondono alla tradizione comunale. Tuttavia, sarebbe molto più logico che il sistema si basasse su entità più grandi, cioè le macroregioni e le province. Per quanto riguarda le prime, solo le macroregioni - NW, NE, C, S e isole - hanno la massa crititca che ha per esempio un Land tedesco -e infatti nel sistema statistico dell'EU macroregioni e Land corrispondo al level 1 mentre le regioni e il Regierungsbezirk al level 2 - per quanto riguarda le seconde, se in città quasi non ce ne accorgiamo, in provincia (appunto) sono l'entità di riferimento per quasi tutti gli obblighi amminsitrativi.


Un compromesso potrebbe essere lasciare la potestà legislativa alle regioni ma dare autonomia fiscale alle macroregioni - il che potrebbe bilanciare la finanza allegra che spesso avviene a livello regionale.


Un altro aspetto interessante - anche se per ora fantascientifico - sarebbe di istituire una camera delle macroregioni. Le quattro macroregioni - NE, NW, centro (compresa Emilia Romagna, Abruzzo e Molise), sud e isole - hanno popolazione all'incirca equivalente di circa 18 milioni di abitanti, tranne il NE che ha solo 6 milioni di abitanti. Si potrebbe pensare che ciascuna elegga 26 rappresentanti, tranne il NE che ne eleggerebbe 13 - con proporzionale secco, in realtà con un'alta soglia di sbarramento a causa del basso numero di deputati (91 in tutto) e quindi del quorum elevato. Questo sistema avrebbe alcune conseguenze:


1) le macroregioni sono unità culturalmente omogenee (tranne il NW, e la Sardegna che fa parte a sé)

2) si avrebbe una sintesi tra istanze locali e nazionali

3) il Pd sarebbe probabilmente ridimensionato, mentre sarebbero favorite la lega e probabilmente la componente ex MSI del Pdl, con forte radicamento locale; se l'Udeur sarebbe molto favorito, probabilmente UDC e componente ex socialista di Pdl, senza un gran radicamento locale, sarebbero forse sfavoriti

4) le forze più estreme sarebbero contemporaneamente svantaggiate - dall'alto quorum - e avvantaggiate - dal collegio ampio


Una tale camera sarebbe bene fosse bilanciata da una seconda camera - mi viene in mente una camera di circa 100 eletti con l'uninominale su collegi corrispondenti alle province.


In Italia oggi si scontrano posizioni localiste e centraliste. Ma occorrerebbe arrivare a una sintesi: i vantaggi dello stato unitario sono innegabili soprattutto nella garanzia dei diritti, ma non si può trascurare l'importanza della nostra tradizione soprattutto comunal (e non regionale: la Repubblica di Venezia era il contado di una città). L'intuizione dell'Italia dei sindaci di qualche anno fa - oggi spazzata via - era assai feconda.


Ovviamente questa su cui qui elucubro è fantascienza istituzionale. E' come la proposta, più volte avanzata dagli specialisti, di elezioni con collegio uninominale in cui si esprimono però tre candidati in ordine di preferenza ; sarebbe il sistema perfetto, però non si realizzerà mai, per motivi soprattutto psicologici, perché con questo sistema non sembra di votare per un candidato ma di fare un sondaggio. Tenendo conto tuttavia che gli elettori spesso non sanno che - grazie ai giochi di ingegneria istituzionale - i loro voti non hanno lo stesso peso a seconda di chi votano - e che nessuno sembra volerli informare di ciò - forse sarebbe bene cominciare a pensare a qualcosa del genere.

sabato 9 agosto 2008

crisi economica

Stiamo attraversando una grave crisi economica, i consumi si sono ridotti considerevolmente, eppure, sotto il meraviglioso regime in cui ci troviamo, nessuno sembra lamentarsi, mentre appena un paio di mesi fa era un continuo inveire contro l’affamatore. In parte ciò è dovuto al fatto che il margine di superfluo è talmente alto che – almeno per ora – la crisi comporta solo una maggiore e in fondo gradita sobrietà. Ma soprattutto, l’errore del precedente governo è stato di “mettere le mani in tasca” per destinare il denaro ricavato alla spesa pubblica, un peccato inaudito per gli italiani, che hann pensato che il precedente premier fosse un ladro. Si fosse messo i soldi in tasca, avrebbero pensato che lavorava per il bene di tutti (il bene di tutti, non il bene comune, non sia mai), come hanno fatto per cinquant’anni i democristiani e come temo – mancano completamente informazioni attendbili – stia di nuovo avvenendo.