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domenica 20 settembre 2015

Linguaggio, politica, nazione

Una nazione, cioè l'unità politica del mondo moderno, è fondata sul fatto che i suoi membri condividono la stessa lingua e quindi possono comunicare (anche se esistono casi di nazioni diverse che parlano la stessa lingua, p.es Austria Svizzera e Germania, ma questo vuol dire che è una condizione sufficiente ma non necessaria). Questo risultato in Francia e Gran Bretagna e Spagna è stato ottenuto imponendo con la forza una lingua parlata comune, mentre in Cina e nel mondo arabo (che sarebbe una nazione se non fosse per il veto delle potenze occidentali) questo è ottenuto con una lingua scritta comune e lingue parlate locali (gli americani fanno gran fatica a capirlo e tendono a dire che la puthonghua o mandarino non esiste).

In Italia l'unificazione linguistica (e quindi politica) è avvenuta di fatto solo negli anni '50, con la televisione, e la prima generazione che parla l'italiano come lingua madre e non come seconda lingua dopo il dialetto è quella nata intorno agli anni '70. Prima le unità politiche reali erano le città, i comuni medievali, le diocesi. Il leghismo in fondo è la reazione spaventata di alcune realtà molto provinciali a questa unificazione. L'unificazione è avvenuta contemporaneamente alla trasformazione da paese agricolo a paese industriale, quindi è difficile dire quale fenomeno prevalga, ma sospetto che l'unificazione linguistica abbia un momento ben maggiore.

Facevo queste riflessioni perché questo mi porta all'equazione politica = dialogo (lontanissima dall'idea di politica = guerra che ho tante volte citato soprattutto a proposito di Machiavelli), Se questo fosse vero, allora il vero problema dei Grillini è di prendere troppo alla lettera la celebre frase di McLuhan "il mezzo è il messaggio". La frase vuol dire che il mezzo modifica il modo di pensare (basta pensare alla stampa), ma il mezzo non basta assolutamente se non c'è un linguaggio. E quindi non basta internet, ci vuole un linguaggio. Che a dire il vero c'è, è il cospirazionismo, che ha tutta una sua  sintassi e grammatica. Purtroppo il cospirazionismo è un ritorno al modo di pensare medievale, di villaggio isolato, in fondo adatto al villaggio globale, per ricitare mcLuhan.

domenica 17 maggio 2015

Italiani e Chiesa

Machiavelli diceva che la chiesa aveva fatto gli italiani sanza religione e cattivi. In realtà, pur con tutti i suoi difetti, è più probabile che gli italiani abbiano fatto la chiesa senza religione e cattiva.

lunedì 10 novembre 2014

Looking over one's shoulder

A politician said that the only way to know who is stabbing you in the back is to look at the reflex in the eyes of  who is in front of you. It is a beautiful quote, since it invites to use the others as a mirror, which is always a good advice. Nonetheless, and contrary to the appearence, this wiity public man was a very bad politician. In fact, a good politician (or a good soldier, it's the same, politics is war) is perfectly skilled in looking over his shoulder and always looks over his shoulder. But this works only if you are commited to a cause and are completely unselfish. Otherwise, it doens't work The paradigm of treason - Judas - was in fact unmasked in advance, and his treason succeeded only because it had to succeed. In other words, contrary to the common view, politics is not filth. A good politician must be astute as a snake (and strong as a lion), but also pure a s a lamb. Unluckily, good politicians are extraordinarily rare - I dare say that you have a better chance to find one in your life outside the governments and the parliaments.



sabato 13 settembre 2014

Antipolitica

Nel post precedenti ricordavo l'equazione fondamentale politica = guerra. In realtà, questa considerazione non nasce certo dalla riflessione sui libri di Machiavelli, ma dall'esperienza diretta (le idee vanno sempre messe alla prova con l'esperienza). Prima del 1989 c'era le guerra fredda, il che significa che eravamo tutti schierati, volenti o nolenti, esattamente come due eserciti schierati l'uno di fronte all'altro. Gli italiani, a dire il vero, per cui vale l'eterna massima "o Franza o Spagna basta che se magna" in larghissima maggioranza facevano i vaghi - la famosa maggioranza silenziosa - però di fatto era impossibile non schierarsi, e questa maggioranza di solito faceva finta di essere di sinistra (perché la sinistra sembrava lo schieramento più forte) ma in realtà era di destra. Berlusconi deve essere stato un grandissimo sollievo, perché da un parte ha legittimiato il sanfedismo di fondo di un bel pezzo del Paese, dall'altra e soprattutto significava che non c'era più bisogno di schierarsi, e di fare la guerra - anche se ovviamente, dato che l'italiano non può vivere senza maschera, i toni . ma non la sostanza - sono diventati di guerra senza quartiere.

Ma non era di Berlusconi che volevo parlare. Volevo sottolineare come chi parla di antipolitica non si renda conto che questa è semplicemente una conseguenza del fatto che la guerra è finita. I grillini non son tutti giovani, ma il la lo danno quelli che sono nati dopo il 1989. Non ragionano in termini di conflitto tra le forze sociali, politiche, nazionali ed economiche, ma in termini di "legalità", e la legalità, se gli si vuole dare un senso non del tutto reazionario, è un concetto squisitamente di pace. Ovviamente i toni sono da rivoluzionari, ma questo un po' è un posa, un po' è perché, come i loro avversari non si rendono conto che si tratta di persone che ragionano in termini di pace e non di  guerra, e li definiscono "antipolitici", loto stessi non si rendono conto che le forme rivoluzionarie che adottano erano modellate su un mondo di guerra totale (ancorché fredda) che è finito.

Ah, ovviamente non mi sono dimenticato che l'occidente è coinvolto in una specie di terza guerra mondiale contro l'islam. Però sono guerre che fanno le élites senza coinvolgere direttamente la gran massa dei cittadini.

Politica e guerra

Uno degli argomenti ricorrenti di questo blogghetto è, ovviamente, Machiavelli. In un post precedente ricordavo che la politica è guerra - di per sé Machiavelli questo non l'ha scoperto, è un dato di fatto - e che quindi in politica bisogna adottare la morale di guerra, non la morale di pace. Dicevo così perché se non si parte dal presupposto della guerra il Principe potrebbe sembrare - come è sembrato a molti -  un elogio del trasformismo o della ragion di stato (come Schmitt), quando è esattamente il contrario. In un altro post distinguevo infatti machiavellici e machiavelliani - Giuliano Ferrara per esempio appartiene a questi ultimi. Non posso non ricordare come la sinistra interpretasse, in ultima analisi, il comunismo come uno stato di mobilitazione, di lotta permanente - non a caso si parlava di militanti, e che i regimi dell'est erano basati su un'organizzazione sostanzialmente militare della società. La libertà si realizza attraverso la guerra (= politica) in cui tutti sono uguali. La borghesia, per contro, è decisamente per l'eliminazione della guerra, della politica e dello stato.

Tuttavia, Machiavelli non ha scritto solo il Principe. Il Principe, anzi, ha la sua occasione nella speranza di rientrare nelle grazie del principe dopo le vicissitudini che avevano portato Machiavelli all'allontanamento dalle carica pubbliche. Machiavelli è anche l'autore del discorso sopra la prima deca di Tito Livio, in cui si interroga su come sia possibile istituire una repubblica di liberi, eguali. e pacifici. Non credo che Machiavelli abbia trovato la risposta, e sembra che non ci sia ancora riuscito nessuno, però questo significa che l'equivalenza politica = guerra - o l'autonomia del politico - sono per Machiavelli solo un punto di partenza , non di arrivo. Forse se i grillini studiassero quest'ultimo libro si costruirebbero una base teorica un po' più solida che il miscuglio di elementi anarchici e della destra americana che sembra guidarli. E sarebbe una base anche un po' più rivoluzionaria.


martedì 27 maggio 2014

Christianism and politics

In a previous post I suggested that some ideas of Machiavelli's are in essence christina. Reversing the argument, I dare say that if you take the New Textament not as religious book but as a book about politics it becomes a marvellous reading. From a political point of viwe, the aim of early christinas was the destruction of the Roman Empire - and they fylly succeeded.

martedì 13 maggio 2014

democrazia e repubbllica

Sentivo l'altro giorno Massimo Cacciari che sosteneva che il conflitto costituente è la base dell'animo europeo. E' verissimo. Confllitto = guerra. La democrazia è una guerra incruenta, la storia del mondo è storia di lotta (guerra) di classe, il comunismo sovietico era un comunismo di guerra (in Cina addirittura avevano messo la divisa militare a tutti) e il Principe non dice altro che politica = guerra e che quindi vale la morale di guerra, non altre (vedi il post machiavellismo). Tuttavia, anche se a Machiavelli la guerra evidentemente piaceva, il suo ideale politico è la repubblica, che non è fondata sul conflitto, ma fondamentalmente sul consiglio degli anziani. Le vere repubbliche sono quelle primitive, come quelle degli aborigeni australiani o dei boscimani. Questa contrapposizione non evidente ma fondamentale tra democrazia, basata sulla guerra = politica, e repubblica, basata sul consiglio, mi viene da Toni Negri, che non amo sperticatamente ma che in questo caso è utile.
Mi vengono da fare a questo punto alcune riflessioni, in quanto è abbastanza evidente che, sebbene le guerre siano numerose e devastanti come sempre o come non mai, e nonostante nei paesi "pacifici" ci sia una evidente guerra economica di tutti contro tutti e dei ricchi contro i poveri, siamo ormai fondamentalmente in un mondo post-bellico. Postbellico, ma certamente non repubblicano.

venerdì 14 giugno 2013

Machiavellici e machiavelliani

Il Principe, in due parole. dice: “Magnifico Lorenzo, smettila di fare inciuci e comincia a combattere!”. A combattere servono le virtù della volpe e del leone, e la politica è una forma di guerra incruenta che talora sfocia in quella cruenta (come dicevo in un altro post http://castorphans.blogspot.it/2013/05/machiavellismo.html). Lorenzo, e con lui i molti machiavellisti italiani, vedono la politica come arte di corte, basata sull’intrigo, l’inganno, l’adulazione, gli inciuci appunto, e credono di trovare giustificazione teorica in uno scritto che è rivolto contro di loro.
La politica infatti non è immorale, la sua moralità è basata sul diritto e dovere di difendere la propria comunità (richiamato nell'articolo 52 della Costituzione italiana), e questo ricollega due testi apparentemente così diversi come il Principe e i Discorsi.

martedì 28 maggio 2013

Machiavellismo

Machiavelli bene o male è uno dei padri del pensiero laico, in un Paese, l'Italia, in cui i laci sono pochissimi. Il principe è fondamentalmente un appello a Lorenzo il Magnifico per unificare l'Italia. Mi sembra però che anche i più vicini al sentire di Machiavelli -  che era repubblicano e patriota - forse non lo capiscano pienamente. Si dice che per Machiavelli la politica debba seguire una morale diversa da quella corrente, ma qual è questa morale? Spesso si dimentica che tutta la prima parte del "Principe" è una critica degli esereciti mercenari e una difesa dell'esercito di leva. E in questa parte sta il vero senso teorico del "Principe": la politica è guerra. In guerra non tutto è pemesso, anche se la morale di guerra (e i codici di guerra) sono diversi da quelli di pace: le atrocità non sono ammesse neanche se portano alla vittoria, è permessa la frode ma non la slealtà, i nemici si possono uccidere ma ogni combattente deve essere rispettato, ecc. L'idea in realtà non è nuova: un re è legittimo o per eredità, o perché ha conquistato un regno in guerra. Non a caso a Napoleone sconfitto a Waterloo venne lasciato il regno dell'Elba - un po' era uno sberleffo, un po' nasceva dal fatto che ormia il titolo di re se l'era conquistato per diritto di guerra.
La novità  - immensa - è che se abbiamo diversi attori in guerra, possiamo studiare scientificamente le leggi che portano al prevalere di una parte o dell'altra, cosa che non sarebbe possibile se il potere discendesse da dio come sosteneva San Paolo o se avesse una legittimazione morale.

Personalmente penso che non solo la guerra debba essere superata, ma che in fondo lo sia già stata. Machiavelli resta un faro, ma servirebbe un nuovo Machiavelli che ci insegnasse quali sono le leggi della politica in un regime di pace. Le leggi della guerra spesso erano dure, ma erano leggi del cambiamento. Abbiamo molta giurisprudenza, molti principi, ma nessuno che ci permetta di gestire il cambiamento in tempo di pace.

venerdì 25 gennaio 2013

Machiavelli cristiano

Machiavelli diceva di guardare alle mani, non agli occhi, ovvero alle opere, non le intenzioni. Il vangelo dice lo stesso: gli alberi si giudicano dai frutti. Machiavelli di solito viene interpretato con il fine che giustifica i mezzi; ma chi interpreterebbe così il vangelo? Il senso in realtà è di guardare non alle azioni, ma alle conseguenze delle azìoni - esattamente quella che Weber chiamava etica della responsabilità.

domenica 20 novembre 2011

Il Principe



E’ curioso come Machiavelli venga ricordato come un cinico alchimista del potere quando era un rivoluzionario romantico. Aveva partecipato a una congiura contro Lorenzo il Magnifico, e per questo era stato allontanato dalle cariche pubbliche. Per capire il Principe bisogna poi tener conto che Lorenzo, a cui il libretto è indirizzato, non era certo un capo democratico di una repubblica, ma una specie di dittatore di Firenze che, con quelle tecniche che con De Pretis nel XIX secolo sarebbero state chiamate “trasformismo”, era riuscito a tessere una rete di accordi, quelli sì estremamente cinici, con tutti gli stati italiani tanto da essere diventato l”ago della bilancia”. Inoltre Lorenzo si teneva buona la Francia che aveva mire espansionistiche sull’Italia. Machiavelli sostanzialmente dice: smettila di leccare i piedi alla Francia, e mostra il coraggio che deve avere un leader politico, fatti capo di una coalizione di stati italiani e dai una bella bastonata (militare) agli stranieri. In altre parole, il Principe è una critica del trasformismo delle pavide classi dirigenti italiane, non certo un invito a vendersi la madre pur di avere successo in politica! Le virtù che invoca sono sì quelle della volpe, ma anche quelle del lione! Qualcosa di non troppo dissimile la sinistra extraparlamentare rinfacciava a Enrico Berlinguer negli anni ’70. Tant’è, Lorenzo ovviamente non diede ascolto a Machiavelli, le potenze straniere fecero un sol boccone dell’Italia, l’Italia entrò in una crisi economica mortale da cui si riprese solo con l’Unità, Firenze, la città più ricca d’Europa, divenne una città di provincia, e soprattutto finì il Rinascimento.

sabato 16 gennaio 2010

Machiavellismo


Gli italiani, specialmente politici, si ritengono assai machiavellici. In verità, poco ha a che fare il machiavellismo con Machiavelli. Per essere machiavellici veramente bisogna avere le virtù della volpe e del lione, il che corrisponde moltoall'evangelico "siate astuti come serpenti e candidi come colombe" e poco con "il fine che giustifica i mezzi" - principio nato in seno alla chiesa, che per secoli l'ha praticato.

mercoledì 14 maggio 2008

Il Principe


Nel Rinascimento per un momento in Italia ha comandato Lorenzo il Magnifico, il quale, convinto di essere un genio, era in realtà – purtroppo - un deficiente. Machiavelli, dimenticando che era stato escluso dal Magnifico da ogni pubblico incarico, tutto preso dalla preoccupazione per le sorti dell’Italia, indirizzò il Principe al Magnifico, libretto il cui senso è: “Magnifico, stai sbagliando tutto”. Il Principe sembra un libro per bambini, in cui l’arte della politica viene spiegata passo passo in modo chiaro e semplice, indicando ad ogni capitolo che “se uno fa x, allora succede y, e le conseguenze sono z”. Probabilmente il Magnifico non capì di cosa parlasse questo piccolo libro, e continuò a fare l’ago della bilancia. Il risultato fu che l’Italia cadde nelle mani delle potenze straniere, esattamente quello che temeva Machiavelli. Sarebbe bello se fosse altrimenti, ma così come se non hai capacità di astrazione difficilmente ti si può far entrare in testa la matematica; allo stesso modo se non sei portato per la politica, difficilmente ti si potranno far entrare in testa le complesse catene di ragionamenti dell’arte politica – soprattutto quando uno è convinto che la politica nasca dal fatto di essere amico di questo e di quello, come era convinto il Magnifico e non, ahimé, dal gioco di azione e reazione tra le forze in campo. Ci è rimasto un libro che fonda la politica come scienza. Politica si è sempre fatta, ma Machiavelli è il primo che la spiega:
Dal punto di vista psicologico la storia di Machiavelli e di Lorenzo è un caso di specie di un curioso fenomeno, per cui le persone molto intelligenti si prendono a cuore le sorti degli stupidi, e trascurano invece le sorti degli intelligenti. Gli stupidi attraggono l’intelligente perché quest’ultimo dice fra sé “l’intelligenza è soltanto il possesso di determinati strumenti intellettuali, e tutti possono impossessarsene”; gli intelligenti non attraggono l’intelligente perché questi dice: “costui già dispone degli strumenti intellettuali che io posseggo, può fare da sé, non ha bisogno di me”. Insomma, gli intelligenti spesso peccano di eccessiva fiducia nelle capacità degli uomini