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giovedì 4 settembre 2008

essere


I filosofi si occupano sostanzialmente dell’essere. Ma, mi chiedo, non sarà che l’essere, non esiste? In fondo abbiamo bisogno dell’essere perché – da Pitagora in poi – pensiamo che le precezioni siano diverse dalla realtà – ma le percezioni sono – temo- la realtà. Certo, ci sono gli abbagli, le allucinazioni, ma un’allucinazione non dipende da un difetto della percezione, dipende da un malfunzionamento dell’intelletto. Moltissimi si sono accorti di quanti problemi comporti l’intelletto, ma spesso non realizzano che stanno non in un intelletto forte ma in un intelletto debole (e quindi spesso prepotente),– perché confondono l’intelletto con quel chiacchericcio interiore che ci accompagna (a me di solito no). E’ un bel po’ che non credo più al modello kantiano che tanto mi piaceva da ragazzo– per lo meno il Kant che ci hanno insegnato a scuola – secondo cui il magma delle percezioni deve essere ordinato dall’intelletto per risalire al noumeno soggiacente alle percezioni. Il problema è che le percezioni sono innumerevoli, pressoché infinite, e l’intelletto è generalmente troppo debole per adeguarsi a questa moltitudine di percezioni, e deve ricorrere alle categorie dell’intelletto per selezionare le più importanti – ma è solo una propedeutica. Voglio credere che quando l’intelletto è abbastanza forte da sostenere tutte le percezioni - e soprattutto il groviglio infinito di relazioni tra le percezioni – allora il noumeno si vede con gli occhi e si sente con le orecchie e si tocca col tatto e si gusta col gusto e si annusa con l’odorato. Lo so, sembro aristotelico perché dovrei dire dio, invece che noumeno.

Nel mio piccolo posso dire che quando ci si è abituati alle scienze, la matematica, che all’inizio sembra un’astrazione, si vede in tutte le cose – si vedono le formule, i logaritmi, le equazioni , le curve, gli spazi multidimensionali, le funzoni, gli integrali– il caso più semplice è la serie di Fibonacci che per primo Leonardo ha visto nella disposizione delle foglie delle piante.

mercoledì 16 luglio 2008

rivelazione

Lévy-Strauss diceva che ci sono tre grandi rivelazioni – il buddismo, il cristianesimo, l’islam, e che di queste tre la più degradata è l’islam. Ha ragione, il senso di queste tre rivelazioni è lo stesso, ma espresso in tre linguaggi e metafisiche diverse in quanto il buddismo si rivolge all’upper class, il cristianesimo alla middle class, e l’islam ai proletari. Ho pensato a lungo alla scala da lui poposta tra le tre rivelationi, e temo che vada rovesciata; la forma più alta è quella dei proletari. L’islam appare degradato soltanto perché la rivelazione è espressa con estrema immediatezza e semplicità passando il meno possibile per l’intelletto – ma dal punto di vista spirituale (ed ermetico) l’intelletto non ha uno statuto privilegiato rispetto alle altre facoltà della psiche e dell’uomo. Gli ultimi saranno i primi.

rivelazione

Lévy-Strauss diceva che ci sono tre grandi rivelazioni – il buddismo, il cristianesimo, l’islam, e che di queste tre la più degradata è l’islam. Ha ragione, il senso di queste tre rivelazioni è lo stesso, ma espresso in tre linguaggi e metafisiche diverse in quanto il buddismo si rivolge all’upper class, il cristianesimo alla middle class, e l’islam ai proletari. Ho pensato a lungo alla scala da lui poposta tra le tre rivelationi, e temo che vada rovesciata; la forma più alta è quella dei proletari. L’islam appare degradato soltanto perché la rivelazione è espressa con estrema immediatezza e semplicità passando il meno possibile per l’intelletto – ma dal punto di vista spirituale (ed ermetico) l’intelletto non ha uno statuto privilegiato rispetto alle altre facoltà della psiche e dell’uomo. Gli ultimi saranno i primi.