venerdì 31 ottobre 2008

democrazia

La democrazia non è - come una corrente brutale semplificazione vuole far credere - un regime elettivo - è un regime in cui tutto il popolo è sovrano e non solo una sua parte - un partito, un autocrate, un dittatore. Il modello di "democrazia" dell'attuale premier è fondamentalmente una dittatura elettiva costruita sul modello dell'azienda - in cui ci sono solo tre organi: l'elettorato (il consiglio di amministrazione), il premier (l'amministratore delegato) e il governo (il consiglio di amministrazione): Il parlamento manca. Ci sarebbe il collegio dei probiviri (la magistratura), ma su questo glissiamo.

fascisti


Ho molte difficoltà con i fascisti – i fascisti veri, non i semplici benpensanti. Il fascimo infatti è una fede – la fede che la prepotenza sia un bene e che la sopraffazione degli altri porti a una vita migliore per noi stessi – e contro la fede non valgono argomenti razionali. E’ la stessa difficoltà che incontrarono i filosofi pagani man mano che avanzava il cristianesimo – cercavano di confutarlo con argomenti razionali, ma immancabilmente fallivano. Oggi, dopo San Kant, sappiamo che l’esistenza di dio non può essere provata né vera né falsa, e, dopo molti morti, siamo più o meno convinti che è un problema da lasciare alla libertà di coscienza. Il caso del fascismo è più difficile, perché non può essere ristretto alla sfera personale coem di fatto abbiamo fatto con la religione. In un bellissimo capitolo della “Storia della Filosofia occidentale” di Bertrand Russel, quello dedicato a Nietzsche – è stato scritto nel ’42, per Nietzsche va inteso Hitler – Russel dice che non può confutare le idee hitleriane, anche se bisognerebe sentire il parere dei pesciolini di cottura, e lascia l’onere di rifiutare Hitler alla coscienza – altri direbbero al cuore, o allo spirito.
Forse però le ragioni psicologiche che stanno alla base della fede possono aiutare se non altro a capire. Tutti dobbiamo morire – anche se credo che pù che paura di morire abbiamo paura di perdere la proprietà accumulata durante la nostra vita, i popoli “primitivi” non hanno infatti paura della morte – ma la fede nell’immortalità dell’anima nega che si muoia – si badi bene, la fede nell’immortalità dell’anima, mai affermata da Cristo, non la fede nella resurrezione. Allo stesso modo tutti dobbiamo lavorare. Lavorare non significa spendere energia fisica o mentale, significa fare qualcosa che ci viene ordinato da qualcun altro, cioè in sostanza essere una sorta di schiavo – per il lavoratore dipendente del padrone, per il commerciante del cliente, e per l’imprenditore forse del mercato. Si tratta di un fenomeno recente, per esempio l’Italia era fino a pochi decenni fa un paese di piccoli proprietari agricoli, che, per quanto poverissimi, non dovevano rispondere ad altri se non a sé stessi. La schiavitù non è bella, come non è bella la morte, ma la fede nel “fascismo” nega che il “fedele” sia schiavo. In tutti e due i casi, la fede non si può curare con argomenti logici, ma soltanto accettando la nostra mortalità in un caso, nell’altro il lavoro. Walter Sinti dice che alla morte si risponde con la verità, e lo stesso vale per la schiavitù. In genere pensiamo che la verità sia amara; sono convinto – anche se l’esperienza comune di solito mi contraddice - che se si vive nella verità si vive addirittura nella gioia- quest’ultima, si badi bene, non è una fede, ma una speranza, per usare un termine cristiano.
Insomma, siamo diventati servi uno dell’altro – facendo astrazione delle innumerevoli ingiustizie – e la cosa non ci piace.

cristianesimo

Il cristianesimo ha vinto perché predicava l’uguaglianza, in un Impero in cui pazzesche erano le pazzesche – e che crollò perché le eccessive disuguaglianze portano al collasso dell’economia mercantile. E, tutto sommato, nei duemila anni che sono seguiti, una ragionevole uguaglianza è stata raggiunta. Ma, paradossalmente, questo è avvenuto con il sacrificio della intensa spiritualità antica, sostituita da astratti bizantinismi teologici.

mercoledì 29 ottobre 2008

Vizio e virtù

Il cardinal Bellarmino diceva che se anche il papa avesse predicato il vizio e condannato la virtù, bisognava seguire il papa. I cristiani come al solito partono da un principio giusto e poi lo rovesciano in una conclusione perversa. Il principio giusto è che se si fa parte di una comunità, e si decide di fare A, allora tutti devono fare A, anche se non sono d'accordo, altrimenti la comunità si dissolve - sempre che la decisione non vada a vantaggio di una parte a discapito delle altre, nel qual caso la comunità ugualmente si dissolve (non valgono i casi in cui la decisione è a vantaggio di una parte e neutra per le altre). In termini di contratto sociale le cose sono più chiare, ma hanno validità generale.
La versione perversa sta nel fatto che vizi e virtù valgono indipendentemente dalle decisioni pratiche umane. Uno dei tanti problemi dei cristiani è quello di mescolare sempre le cose umane con quelle divine - cosa che non accade per esempio con gli ebrei, in cui il rapporto tra dio e l'uomo è contrattuale, non di identificazione - del resto "il verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare tra noi". Incidentalmente, se Giovanni avesse detto "la carne si è fatto verbo ed è venuta ad abitare in cielo" - cosa che forse leggeremmo se avesse vinto l'arianesimo, le cose sarebbero diverse, ma credo non sia colpa dei cristiani quanto di pesanti influssi platonici ampiamente precedenti la predicazione di Cristo.

domenica 26 ottobre 2008

Francis Bacon


The work of Francis Bacon represents the masochistic pleasture to be costrianed. Would it be just for this, it would be classified barely as "gay art", but constriction , pain, submisison, are a way to sense the flesh, to perceive the strenght of the body. In no other artist the flesh is so present, even in the dematerialized paintings of the popes, and, therefore, the soul.

venerdì 24 ottobre 2008

Italiano




Stai a vedere che i problemi politici degli italiani derivano dal fatto che l'italiano è una lingua che hanno imparato in televisione e a scuola, e solo poche famiglie medioborghesi lo posseggono come lingua madre da più di due generazioni. Basta confrontare la piattezza esasperante dell'italiano parlato con la freschezza del siciliano, la musicalità del napoletano, o la sottile complessità del conckney, tutte lingue che si imparano dalla bocca dei genitori.



Il corollario è che gli scrittori - che di solito non capiscono i problemi politici - farebbero un gran favore al Paese se inventassero una lingua parlata - quella letteraria e formale esiste già. Servirebbe uno scrittore non toscano - forse meridionale - e possibilmente molto giovane, che sia nato immerso nel mondo mediatico.

mercoledì 22 ottobre 2008

Rimozione

Continuare col sistema “economico” della prima repubblica - in estrema sintesi questo è il programma delle destre – richiede che non ci si ricordi della prima repubblica. Il primo governo Berlusconi era abbastanza debole perché la memoria era ancora fresca, mentre il terzo governo Berlusconi (è stato rimosso anche il fatto che Berlusconi è la terza volta che governa) viene in un momento in cui tutto quello che è successo tra il 1945 e il 1989 è stato completamente rimosso, e si parla di cose di 70 anni fa come Mussolini, il nazismo, l’Olocausto, e quindi (per il momento) sostanzialmente innocue. La rimozione è avvenuta nei mezzi di informazione, ma soprattutto è avvenuta nella testa di una larga fascia di persone, identificabili in prima approssimazione con i 50-60enni. Per quanto riguarda i più giovani, un quindicenne ha vissuto tutta la sua vita immerso nell’era berlusconiana, e nessuno gli ha raccontato niente del prima, né i genitori, né la scuola, né la televisione.

Comunicazione

1) come sa benissimo la destra (anche se l’idea è copiata dalla sinistra), uno slogan, se ripetuto moltissime volte, diventa vero. Se lo slogan “le tasse sono bellissime” fosse stato ripetuto un quarto delle volte che è stato ripetuto lo slogan dell’”italianità”, sarebbe diventato convinzione comune – anche più facilmente degli slogan di destra, perché che le tasse siano bellissime (perché permettono di pagare i servizi pubblici) è vero, mentre ”italianità” nel 2008 non significa quasi niente. Certo, gli slogan di destra titillano i vizi degli italiani (per esempio lo slogan delll’italianità titilla i complessi di inferiorità verso Paesi più ricchi e potenti che gli italiani non ammettono mai), e sono quindi più “facili” (questo intendono in realtà i commentatori), mentre gli slogan di sinistra incitano alla virtù, e sono quindi più “difficili”, ma non posso credere che il “popolo” preferisca sempre le cose facili. La storia dimostra che non è assolutamente vero.
2) I commentatori dicono che gli slogan di Berlusconi sono senza contenuto. Se guardiamo alle frasi di Berlusconi “sono sceso in campo perché non voglio vivere in un’Italia illiberale”, e se ci ricordiamo che sono state pronunciate subito dopo la dissoluzione di DC e PSI, il messaggio è tutt’altro che vuoto: significa “non voglio cambiare, non voglio che vadano al governo le (moderatissime) sinistre, voglio continuare col sistema con cui per 50 anni ha governato la DC”. E gli italiani hanno votato per Berlusconi, perché, purtroppo, una maggioranza – forse non poi così larga - non ha mai digerito tangentopoli. Quante volte ho sentito frasi del tipo “quelli che c’erano prima rubavano, ma ci facevano stare bene”. Che stessimo bene è tutto da vedere, però c’erano alcuni che stavano molto bene, e agli altri bastava illudersi di stare bene come questi alcuni.
3) Certamente i messaggi di Berlusconi richiedono l’uso massiccio (per usare un eufemismo) dell’informazione, ma non perché sia un fine comunicatore – per titillare i vizi di un popolo non serve essere grandi oratori, basta avere gli stessi vizi di questo popolo, i grandi oratori, come Demostene, sono quelli che sferzano i vizi di un popolo – ma perché è necessario che non ci sia nessun messaggio diverso– non contano i messaggi che compaiono sui mezzi d’informazione che sono letti solo o quasi dalle persone di sinistra, e, in minore misura, quelli che sono espressi nel linguaggio della sinistra (antifascismo, regole, ecc.) – Veltroni recentemente ha detto qualcosa del genere.

lunedì 20 ottobre 2008

Tristi tropici


Un'idea comune è che la coscienza renda infelici. La falsa coscienza rende infelici, mentre la coscienza dà gioia infinita; la controprova è che i bambini sono malinconici - al di là dei luoghi comuni - e i tropici sono tristi

Congiuntivo

Molti si lamentano per la scomparsa del congiuntivo. A me sembra vivo e vegeto, specialmente in un confronto con le altre lingue europee: in francese, inglese russo e tedesco non esiste più o quasi; in italiano ancora viene usato ampiamente, per lo meno dalle persone con un minimo di istruzione, e credo che la sua morte non sia vicina, in quanto il congiuntivo è una delle strutture fondamentali della lingua italiana, in quanto è strettamentee legato alla consecutio temporum.
Altre forme grammaticali stanno scomparendo senza che nessuno se ne preoccupi, in particolare il passato remoto, fatto più grave della scomparsa di un tempo verbale, in quanto indica la progressiva perdita della differenza tra aspetto progressivo e puntuale del verbo così tipica del latino e del greco e che invece è ormai scomparsa in inglese francese tedesco. In italiano “andai” indica un aspetto puntuale, “andavo” un aspetto progressivo, ma ormai con andavo si indica genericamente un tempo passato, indipendentemente dal fatto che sia progressivo o puntuale.

mercoledì 8 ottobre 2008

treno

Certe volte sembra proprio di aver perduto tutti i treni. Del resto, ogni volta che c'era il rischio di cambiare, a ricchi e potenti veniva il mal di pancia, col risultato che si è seguita sempre la linea del minimo sforzo - e la linea del minimo sforzo porta nelle buche. E' successo lo stesso nell'Antica Roma; ogni volta che la plebe muoveva un passo, al senato veniva una crisi isterica. Mah.

domenica 5 ottobre 2008

Cristo!

Ascoltavo ieri l'intervista a Corrado Augias a "Che tempo che fa" sui Rai3. Il giornalista ha appena pubblicato un libro sulla storia antica della religione cristiana, con un atteggiamento ovviamente da non credente che separa la figura terrena di Gesù dalla sua natura divina. Le critiche che gli sono state fatte si riassumono - in soldoni - che chi non ammette la natura divina di Gesù non deve parlarne. A parte il fatto che quando un non credente si avvicina con curiosità al cristianesimo viene cacciato via a pedate - era diverso all'inizio, basti pensare alla simpatia, in fondo, con cui viene guardata la curiosità di Pilato per Gesù, o a tanti passi degli Atti degli Apostoli - questo atteggiamento ha curiose conseguenze - non per i laici, per i credenti. Sul web va molto, e i ragazzini trovano l'ipotesi assai convincente, che Gesù non sia mai esistito; in altre parole, viene accettato il fatto che Gesù o è divino o non si può parlarne; ma se non bisogna parlarne, e però non si è più credenti, allora Gesù non è mai esistito.

venerdì 3 ottobre 2008

Legge

I comunisti – e mi ci metto anche io – hanno sempre pensato che le leggi servono a sancire la prevaricazione dei potenti sui deboli - e che quindi è giusto violarle. Spessissimo è così - basti pensare alle leggi di segregazione razziale sudafricane e del sud degli Stati Uniti – ma la legge è nata esattamente per il motivo opposto: le prime vere leggi – i greci non avevano un vero diritto, per esempio le tavole di Gortina, una raccolta di leggi che ci è stata fortunosamente conservata, riguardano quasi solamente il diritto matrimoniale – furono imposte dalla plebe romana contro l’arroganza dell’aristocrazia (il senato). Generalizzando, una legge giusta è una legge contro i prepotenti, mentre una legge iniqua è una legge che sancisce la prepotenza – al dilemma di Antigone si potrebbe rispondere semplicemente questo – e una legge superflua, e quindi tendenzialmente iniqua, è una legge che si occupa di ciò che non riguarda i prepotenti. Il prepotente può essere un bullo, un gradasso ignorante che ti taglia la strada in macchina, così come un sofisticato broker che specula sui tuoi risparmi, non fa molta differenza. Oggi si parla di “legalità” invece che di legge (di diritto oggettivo), ovvero non ci si chiede più se una legge sia giusta o ingiusta, ma solo se sia stata emanata da un governo legittimo. Se si fosse capito che distinguere tra legge giusta e legge ingiusta è molto più semplice di quello che si pensa, non saremmo a questo – guarda che ti combina una conoscenza confusa della storia politica romana. Il fatto che la legge serve solo a combattere i prepotenti corrisponde esattamente al fatto che i cittadini sono uguali di fronte alla legge – se ci sono prepotenti il principio di uguaglianza viene violato. Purtroppo questo principio, lampante per chi viveva ai tempi dell’Ancien Régime, oggi è quanto di più oscuro ci possa essere: 1) in una società multietnica e pluralistica è assai difficile stabilire cosa significa uguaglianza; 2) in fondo la critica dei socialisti al “diritto borghese” consisteva semplicemente nell’osservazione che a nulla serve l’uguaglianza civile se sussistono enormi disuguaglianze economiche; ma il tentativo di livellare il potere economico – sia nella forma del socialismo reale che in quella della socialdemocrazia - palesemente non è riuscito, col risultato che le disuguaglianze di reddito vengono ormai accettate come un fatto naturale, come qualcosa di positivo per la società nel suo complesso (in economia ciò si chiama, o meglio si chiamava prima del cataclisma economico USA, supply side economy), o come il risultato del “merito” dei privilegiati.

Ora, non è che questa formulazione “plebea romana” sia tutta rose e fiori.
1) Una persona che non si lava e mi offende con il suo odore intenso è un prepotente? Qui entra in gioco la tolleranza: posso benissimo sopportare un odore acre, perché vengono offesi solo i miei gusti – mentre colui che mi taglia la strada mi mette in pericolo oggettivo. La tolleranza infatti in nient’altro consiste se non nel non considerare offesa – o per lo meno nel sopportare - quello che offende solamente il mio gusto – un amante del gelato al pistacchio non considera offesa il fatto che qualcuno mangi il gelato alla fragola, mentre, e non c’è differenza sostanziale, alcuni si offendono quando vedono costumi e comportamenti diversi dai loro - ed è infatti strettamente collegata con l’apertura mentale.
2) Quando le risorse sono pubbliche, può diventare lesivo un comportamento che in un sistema privatistico è del tutto indifferente. Se mi ammalo di raffreddore, in un sistema privatistico danneggio solo me stesso, in un sistema pubblico danneggio tutti quelli che usufruiscono del sistema, perché diminuisco le risorse a disposizione; e stabilire che un comportamento è dovuto a causa di forza maggiore (il virus) o a negligenza e quindi a colpa (l’essere andato in giro in magliettina) è problema assai delicato. I rischi per la libertà sono quindi gravissimi. Il problema è più diffuso di quello che si può pensare, riguarda per esempio la sicurezza, che è gestita quasi interamente da strutture pubbliche.