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martedì 14 luglio 2020

Comunismo e anarchia

La grande innovazione del '68 è stata la fusione di anarchia e comunismo. Lenin diceva che anarchia e comunismo hanno lo stesso obiettivo ma il comunismo prevede una fase preliminare prima dell'abbattimento dello stato. Negli anni '70 si dichiarò che questa fase preliminare non era più necessaria e si potesse realizzare quell'obiettivo finale immediatamente.

Oggi anarchia e comunismo sono di nuovo separate. Questo indica che moltissimi passi all'indietro sono stati fatti rispetto agli anni '70. Però significa anche che probabilmente la spinta sociale è ancora forte e aspetta solo una riformulazione delle vecchie idee.

domenica 7 aprile 2019

Lotta di classe e Simone di Torre Maura

La lotta di classe non è simmetrica - p sempre lotta della classe sottoposta alla classe dominante, non può essere mai il viceversa. In altre parole è sostanzialmente una lotta per l'eguaglianza, anche se per esempio la sconfitta dell'aristocrazia da parte della borghesia ha finito per creare una nuova divisione in classi.

Le destre ci hanno fatto credere che ci possa essere una lotta di classe dei privilegiati contro gli esclusi, e che quindi i veri rivoluzionari sono loro. Il senso del discorso di Simone di Torre Maura  /(che è un proletario di periferia quindi  le contraddizioni le percepisce immediatamente prima ancora che intellettualmente) è proprio che i privilegiati non possono fingere di essere sfruttati e che le fratture di classe non sono quelle individuate da casa Pound. Qualcuno ci ha visto ecumenismo cattolico (cito un post di uno che per altro di solito scrive cose carine) ma si tratta di Marx puro riformulato nei termini del mondo attuale e non del mondo degli anni '70. che era completamente diverso, molto più povero ma con uan forbice sociale molto meno accentuata. Siccome non è formulato nel linguaggio degli anni '70 non è minimamente compreso. Il discorso vale anche per Greta che è chiaramente borghese, ma che esprime contraddizioni forti. Parlano sempre di comunicazione, poi quando arriva gente che sa comunicare (ma comunica con un linguaggio che non gli appartiene) sui alterano.

Abbanondo di Marx

A proposito di marxismo volgare e nominalismo è esempalre questa trasmissione di radioondarossa, per altro molto interessante.

Da una parte abbiamo un filosofo marxista, che espone con estrema precisione il pensiero di Marx, tranne le parti dell'economia di Marx che richiedono strumenti matematici, cioè il secondo libro del capitale e buona parte del primo (in particolare tutta la trattazione delle crisi di sovrapproduzione e la caduta tendenziale del saggio di profitto, che Marx esprime in linguaggio dialettico ma che sono molto più facili da capire con un minimo di modellizzazione; modellizzazione che sta alla base dell'analisi keynesiana il che significa che non viene letta dai marxisti, che giustamente identificano il carattere assolutamente borghese dell'analisi keynesiana ma che si dimetnicano che bisogna sempre prendere tutto quello di utile che c'è dagli avversari invece di cercare di preservarsi puri come dei catari).

Dall'altra c'è un (relativamente) giovane economista che secondo me non ha mai letto Marx in quanto chiaramente non padroneggia la dialettica. Che non padroneggi la dialettica si vede proprio da come affronta i rapporti della Banca Mondiale e di Confindustria: siccome sono di origine borghese devono essere sbagliati. Se le stesse statistiche fossero state fornite da un marxista sarebbero invece state giuste. Se uno invece si legge Marx si accorge che quando parlava di Smith Ricardo e Malthus era profondamente dialettico: diceva sempre (semplifico): in questo ci hanno visto giusto ma in questo ha visto sbagliato (di solito si vede sbagliato per i paraocchi ideologici della propria classe). Del resto alla fine degli anni '60 si è abbandonata la dialettica a favore della decostruzione, che sembra simile ma è completamente diversa, in quanto la decostruzione sostiene 8semplfiico) che è impossibile trovare delle verità comuni in quanto ogni idea è completamente determinata dall'essere di chi la professa. Detta così si vede subito che anche se parte dal concetto di struttura e sovrastruttura è esattamente il contrario dell'analisi marxiana che pretendeva di essere scientifica /e  in questo momento non so dare una definizione di scientifico per Marx e non mi va neanche di cercarla).

Detto questo il giovane mi piace particolarmente, perché ha capito e porta avanti un'idea fondamentale: alal fine degli anni '70, con la sconfitta del movimento operaio più o meno globale (il crollo dell'Unione Sovietica degli anni 80 ne è solo una conseguenza) si decise di abbandonare il marxismo. La nascita del postmoderno e della decostruzione sono solo conseguenze di questa scelta. Chicco si è reso conto che in fondo tutti i problemi della politica degli ultimi 50 anni, che pure ha espresso in certi momenti delle contraddizioni forti (si pensi al moviemnto No Global che quantomeno era di massa e globale) nascono proprio da questo abbandono di Marx. Purtroppo NON ha gli strumenti per il tirono a Marx (e infatti ricorre a un vecchietto simpatico che è cresciuto a pane a Marx) ed è fondamentalmente postmoderno nel modo di pensare (senza accorgersene che è il problema peggiore).. Va detto che il problema si verifica soprattutto per il Marx economista (molto più difficile) e non per il Marx storico, in quanto pèr esempio i Wu Ming portano avanti un'analisi storica assoltuamente amrxista e tra l'altro (quindi= fortemente efficace.


sabato 26 agosto 2017

Maggioranza silenziosa.

Io non ci credo che sia come diceva Bocca, che gli italiani sono tutti fascisti. Anzi, nonostante l'orrore che sento in giro sembrerebbe provare la tesi bocchiana, sono assolutamente convinto che in questo momento vi sia una maggioranza silenziosa (moderatamante) di sinistra.- Solo che l'arco parlamentare è costituito da 4 partiti di destra (ho snetito l'intervista a iDi Maio su Roma, è riuscito a scavalcare a destra Salvini).
E' una sensazione epidermica, ma nasce da alcune considerazioni 1) in politica vince chi abbaia di più, non tanto perché viene ascoltato, quanto perché zittisce chi la pensa diversamente; il continuo bombardamento mediatico di slogan sostanzialmente fascisti serve soprattutto a intimidire chi non è d'accordo. La forma di questi slogan si presenta apparentemente come argomentazione, ma in realtà è un pestaggio a base di insulti di chi fascista nonè. Oppure si basano sul sofisma, come il termine buonismo - affibbiato dai prepotenti a chi è contro la prepotenza. 2) girando per i bar, per le file alla posta, non bisogna far caso a quello che la genete dice (non si parla quasi mai veramente e specialmente in fila alla posta), quanto quello che la gente non dice. Negli anni '70 si diceva che c'era una maggioranza silenziosa di destra, in quanto, nonostante il larghissimo predominio ideologico della sinistra nelle idee e nelle piazze. i partiti di destra avevano sempre la maggioranza (anche se nel 1976 fu molto risicata).


domenica 4 ottobre 2015

Andreotti, Moro e i proverbi cinesi

La famosa abilità politica di Andreotti si riduceva in fondo al detto "siediti sulla riva del fiume e aspetta di veder passare il cadavere del tuo nemico", che però ha funzionato benissimo. Ad essere più specifici, il suo nemico era Moro.

martedì 25 novembre 2014

Anni '70 II

Sentivo in televisione, in un programma sul '77, la vulgata secondo cui il movimento creativo e non violento era tenuto in ostaggio dalle frange violente, interpretazione che ricorre eternamente senza mai essere superata. La vulgata nasconde una profonda incomprensione da parte del PCI di quello che è stato il movimento degli anni '70, incomprensione che sembra durare anche oggi a distanza di tanti anni,  e che si regge su due equivoci:

1) come ha ben sottolineato Umberto Eco in "sette anni di desiderio", il movimento degli anni '70, almeno in grandissima parte, non era rivoluzionario, era antifascista. C'era la paura di finire come il Portogallo, la Spagna e la Grecia, e questo timore non era certo infondato (vedi il golpe Borghese). Cossiga pare abbia detto, anni dopo, che erano stati durissimi nelal repressione, ma almeno avevano evitato che prevalessero "quegli altri" - in altre parole non abbiamo avuto i colonnelli in Italia perché una parte della DC - e forse nemmeno quella più democratica -  non ha voluto. Nel movimento c'era chi pensava che il pericolo fosse così grave da doversi armare, altri avevano altre opinioni ma sentivano il pericolo ugualmente.Semplifico enormemente, ovviamente, c'era anche il tema della repressione che era diventata brutale, ma visto così diventa tutto molto più chiaro. Le stesse Brigate Rosse pensavano sostanzialmente di essere partigiani che volevano impedire la svolta autoritaria - se avessero veramente avuto l'intenzione di fare la rivoluzionari la rivoluzione l'avrebbero vinta, come scrissi in un altro post che mi sembra abbiano cancellato (non solo in Cina, anche in Italia certe parole chiave in Italia sono vietate).

2) il movimento degli anni '70 era fondato sull'autorganizzazione, sul non riconoscere legittimità al partito, in definitiva sul superamento della distinzione tra anarchia e comunismo, e (in soldoni) sul ritorno alla Comune di Parigi dopo l'esperienza bolscevica . Tutte cose assolutamente incomprensibili per un PCI che è ancora stalinista oggi (nonostante le apparenze e pur non essendo più socialista) figuriamoci allora. In altre parole, quello che sconvolgeva i quadri del PCI non era certo la violenza, era il fatto che dei proletari non obbedissero alle direttive del partito che doveva rappresentarli.  Il '68 era stato borghese, quindi bastava tacciarlo di spirito piccolo borghese (come fece Pasolini), il '77 era inequivocabilmente proletario, quindi inclassificavile. In un certo senso si è trattato dello stesso scontro tra anarchici e stalinisti che si ebbe durante la guerra.civile spagnola, divisione che fece vincere Franco. Nel nostro caso i fascisti non hanno vinto, però il paese si è bloccato, come dicevo in un altro post, ed è rimasto in uno stato di sospensione fino all'incirca alla crisi del 2008, quando il trauma è stato parzialmente superato - il trauma, non la rimozione che sempre accompagna i traumi.



si è sostanzalmente bloccato finoalla crisi del 2008, come dicevo in un altro post,

martedì 18 novembre 2014

Alfabetizzati e analfabeti (Germania e Italia)

Prima del decollo, la Germania era un paese di contadini alfabetizzati perchè, luterani, dovevano leggere la bibbia. Prima del decollo l'Italia era un paese di contadini totalmente analfabeti perché, cattolici, non dovevano leggere la bibbia (sennò diventavano eretici). Le differenze tra i due Paesi sono tutte qua. Ogni paese ha un momento in cui fa la sua rivoluzione industriale, in cui decolla, ma in Germania e Italia sono stati poco lontani, in Germania nel 1870 (la conseguenza furono le guerre mondiali) e in Italia nel 1950 (la conseguenza furono le rivolte degli anni '70).

domenica 2 dicembre 2012

Rivoluzionari

Negli anni '70, la sinistra, appunto, extraparlamentare, era usa non votare. Il motivo era spiegato sinteticamente da uno slogan dei fascisti (occorre ricorre a loro) copiato come al solito da un concetto di estrema sinistra: "il popolo non vota lotta". In altre parole chi fa lotta di classe, ma non vota, è rivoluzionario. Ma chi non fa nulla, e non vota, non è rivoluzionario, è qualunquista (per quanto belle possane essere le sue idee)

sabato 14 aprile 2012

Anni '70





La morte di Moro (e soprattutto la paura che le Brigate Rosse avevano messo a moltissimi) causarono un tale trauma da provocare la totale rimozione di quello che era successo negli anni ’70. I ragazzi non ne sanno praticamente niente, e non certo perché il periodo non si studia a scuola – sul fascismo infatti sono genericamente informati da quello che sentono in giro, non certo dalle lezioni. Le rimozioni, si sa, provocano nevrosi, e la nostra nevrosi forse è stata Berlusconi. Ne siamo usciti (sembra) con una doccia gelata – tecnica in uso insieme all’elettroshock nei manicomi di una volta.

mercoledì 27 maggio 2009

Roma K.O.



Ho appena finito di leggere "Roma KO - storia di amore, droga e lotta di classe". Divertente, un po' noioso, sono fondamentalmente d'accordo con le tesi di fondo, ma qualcosa mi lascia perplesso: il vero buonsenso non è quello del conformismo, ma al contrario proprio quello dei teppisti che si rivoltano contro l'ipocrisia che "buonsenso" significa nell'accezione comune e a cui molti si sottomettono non tanto per mancanza di coraggio - come, temo, pensino gli autori - ma per mancanza di fantasia; e il caos è tale solo in rapporto all"ordine" costituito, perché in realtà altro non è che la molteplicità e la dinamicità della vita. Insomma, gli autori mi sembrano ancora un po' subalterni proprio a quell'ordine che combattono - certo non per loro difetto, ma perché troppo legati ad esperienze ancora valide ma passate. Oso dire che oltre ai teppisti agitati possono esserci teppisti tranquilli, e che questa verità sta emergendo nelle coscienze dei più giovani, e che per contro il teppismo "storico" stia cominciando a piacere pericolosamente ai fascisti - certo in una forma perversa e stravolta che nulla ha a che fare con l'originale, ma che esercita un pericoloso potere di attrazione, fosse solo sui borghesi, non avrebbe importanza, ma purtroppo ormai anche tra i proletari, e dilagante.