Spesso si sente dire: a quello hanno dato solo vent’anni, oppuer, vent’anni non bastano per quello che ha fatto. A parte che gli italiani amano parlare senza pensare a quello che dicono – perché non danno peso alle parole – quello che infastidisce l’”opinione pubblica” sono gli sconti di pena consistenti che vengono concessi dopo un certo periodo di carcere. Ora, i giudici italiani, nonostante una diffusa opinione, sono forse tra i più severi de’Europa. Il problema nasce dal fatto che il nostro codice penale è del ’30. Dal punto di vista dei contenuti, Rocco era un grande giurista, e il codice, dopo un lavoro di pulizia da parte della Corte Costituzionale, è di grande rigore e coerenza, dato che segue una bimillenaria tradizione giuridica; non è certo però egualitario, e mancano tutta una serie di reati “nuovi”, come quello di tortura ecc. Dal punto di vista delle sanzioni, l’essere stato scritto nel ventennio pesa, soprattutto nelle pene assurdamente pesanti. In America, dove hanno la pena di morte, e dove non c’è la pietà cattolica per i colpevoli, le pene sono mediamente molto più lievi di quelle previste dal nostro codice. I giudici si sono dovuti arrangiare con le leggi sugli sconti di pena, in primi quelli previsti dalla legge Gozzini, in quanto il codice penale, oltre a essere iniquo, è inapplicabile: a parte il fatto che la pena dovrebbe avere finalità rieducativa, secondo il dettato costituzionale, perché una pena sia efficace deve esserci proporzione tra la colpa e la pena, altrimenti il suo valore deterrente viene a cadere.
Servirebbe insomma una riforma del codice, ma non sembra che il clima sia favorevole a una riforma che, rendendo più ragionevoli le pene comminate, renda anche finalmente operativa la certezza della pena. Sembra anzi che l’Italia, dove il diritto è nato, sia entusiasta dell’idea propalata dalle forze politiche al governo, secondo cui l’azione penale dovrebbe essere spostata dal potere giudiziario al potere esecutivo (di cui la polizia fa parte).
Servirebbe insomma una riforma del codice, ma non sembra che il clima sia favorevole a una riforma che, rendendo più ragionevoli le pene comminate, renda anche finalmente operativa la certezza della pena. Sembra anzi che l’Italia, dove il diritto è nato, sia entusiasta dell’idea propalata dalle forze politiche al governo, secondo cui l’azione penale dovrebbe essere spostata dal potere giudiziario al potere esecutivo (di cui la polizia fa parte).
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