Di solito pensiamo alla Cina come al leviatano che, a un ordine dell’imperatore si muove compatto come un sol uomo. Migliaia e migliaia di cinesini che portando un pugno di terra costruendo una immensa diga: questa è l’immagine che associamo alla Cina, oppure il formicaio operoso e incosciente. In realtà la storia della Cina è storia della contrapposizione di un popolo individualista fino al limite della follia, e un potere imperiale che cerca di dare una direzione a questa moltitudine disordinata. Shi Huang Di, il primo imperatore, non era confuciano, che anzi combatté con ferocia spietata, era invece legalista: la scuola legalista sosteneva che l’uomo per sua natura è cattivo (leggi: fa come gli pare) e deve essere piegato con la coercizione. Il pensiero di Confucio, del resto, è anarchico: non egualitario, tutt’altro (l’egualitarismo è un’invenzione del cristianesimo), ma certo anarchico; l’individuo, nel confucianesimo, è subordinato solo alle leggi naturali, non alle leggi dello stato.
In questa lotta millenaria tra l’individualismo e il centralismo imperiale vi sono stati momenti in cui ha prevalso l’imperatore (ai tempi di Marco Polo, ai tempi di Mao), e altri in cui l’impero si limitava ad assicurare l’ordine e lasciava fare la moltitudine. Oggi è uno di questi periodi.
In questa lotta millenaria tra l’individualismo e il centralismo imperiale vi sono stati momenti in cui ha prevalso l’imperatore (ai tempi di Marco Polo, ai tempi di Mao), e altri in cui l’impero si limitava ad assicurare l’ordine e lasciava fare la moltitudine. Oggi è uno di questi periodi.
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