giovedì 4 settembre 2008

nuovi Trimalcioni

Scrivevo che Trimalcione, tanto disprezzato non solo dagli intellettuali del tempo ma credo da tutti i contemporanei, avrebbe potuto anticipare il capitalismo e quindi la Rivoluzione Industriale di 15 secoli, se non avesse preferito diventare un rentier – se avesse affermato i suoi valori invece di adeguarsi a quelli del tempo. Mi chiedevo anche chi sono i nuovi Trimalcioni, che disprezziamo proprio perché uomini nuovi. Credo che la risposta vada cercata nei poveracci, che qualcuno ha chiamato “neoproletari”, che vivono di sogni – la maggica Roma, comprarsi le Nike, diventare velina o calciatore. Già da molto tempo ci siamo accorti che il tardo capitalismo non vende più cose, ma sogni – forse converrebbe prendere sul serio questo cambiamento, ma sono il primo a non sapere come debba essere affrontato. Il keynesismo nacque da un cambiamento di prospettiva, dal considerare l’indebitamento dello stato - fino a quel momento per la saggezza convenzionale un orrore, anche perché era stato un bel problema per i monarchi assoluti dal XV al XVIII secolo - come un fattore positivo di crescita dell’economia.
Certo è che i nuovi Trimalcioni non sono i ricchi, che non vivono più né di rendita né di investimento e forse neanche più di sfruttamento o di rapina, ma di fumo, con cui coprono una montagna di debiti – arriverà il momento in cui il fumo leggero e inebriante si dissolverà, e la montagna ci apparirà in tutta la sua durezza, e ci sarà il ritorno alla realtà agognato dai fautori dell’”autenticità”. Eppure, forse, proprio questa massa smisurata di debiti, sottratti al controllo di quei personaggi - questi sì ormai al di fuori della realtà - che giocano con hedge funds derivati e futures – tanto le spese ricadono sui poveracci - potrebbe iniziare un nuovo ciclo – ma non chiedetemi come, sto ragionando su un’analogia, non su un modello

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