martedì 29 maggio 2012

Berlusconi Bonaparte

Non sono certo il primo a notarlo, ma la somiglianza della descrizione del regime di Napoleone III nel 18 Brumaio di Marx e un nostro recente presidente del consiglio è sorprendente: "Ma Bonaparte si considera soprattutto capo della Società del 10 dicembre, rappresentante del sottoproletariato, al quale appartengono egli stesso, il suo entourage [67], il suo governo e il suo esercito, e per il quale si tratta anzitutto di aver cura dei propri interessi e di trarre dal tesoro pubblico premi per la lotteria della California. E come capo della Società dei 10 dicembre, egli si afferma con decreti, senza decreti e malgrado i decreti. Questo suo compito pieno di contraddizioni spiega le contraddizioni del suo governo, il confuso marciare a tastoni, i tentativi di guadagnare o di umiliare ora questa ora quella classe, che finiscono per sollevarle tutte ugualmente contro di lui; l'incertezza pratica che contrasta in modo comicissimo con lo stile imperativo, categorico, degli atti di governo, ricalcato servilmente su quello dello zio. (...) Bonaparte vorrebbe apparire come il patriarcale benefattore di tutte le classi. Ma non può dar nulla all'una di esse senza prenderlo all'altra. Come al tempo della Fronda si diceva del Duca di Guisa, ch'egli era l'uomo più obligeant della Francia, perché aveva trasformato tutti i suoi beni in obbligazioni dei suoi seguaci verso di sé, cosi Bonaparte vorrebbe essere l'uomo più obligeant della Francia e trasformare tutta la proprietà, tutto il lavoro della Francia, in un'obbligazione verso di sé. Egli vorrebbe rubare tutta la Francia, per farne un regalo alla Francia, o piuttosto per poter comprare la Francia con denaro francese (...) Alla corte, nei ministeri, alla testa dell'amministrazione e dell'esercito si accalca una massa di individui, del migliore dei quali si può dire che non si sa donde venga; una bohème turbolenta, malfamata, avida di saccheggio che strisciando indossa abiti gallonati, con la stessa dignità grottesca dei grandi dignitari di Soulouque. Ci si può fare un'idea di questo strato superiore della Società del 10 dicembre se si pensa che Véron-Crevell è il suo moralista e Granier de Cassagnac il suo pensatore. Quando Guizot, al tempo del suo ministero, si serviva di questo Granier in un foglio equivoco contro l'opposizione dinastica, era solito farne l'elogio dicendo: "C'est le roi des drôles", "è il re dei furfanti". Non sarebbe giusto ricordare, a proposito della corte e della tribù di Luigi Bonaparte, la Reggenza di Luigi XV. Perché la "Francia ha conosciuto un numero abbastanza grande di governi di mantenute ma non aveva ancora mai avuto un governo di hommes entretenus" (...) In nome dell'ordine crea l'anarchia, spogliando in pari tempo la macchina dello Stato della sua aureola, profanandola, rendendola repugnante e ridicola.

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