Adorni il crine con fronde di ombù e capolini di topinambur, ma rifiuti gli anteci delle avene e delle festuche che reputi aguzzi e scabri, inadatti per la superficie delicatissima della tua epidermide.
Promulghi editti implacabili contro le capigliature arruffate e le ascelle maleolenti, incurante della fiera opposizione del corpo accademico compatto nella difesa della libertà di espressione. Ma la tua fervente fiducia nell’igiene personale e nel decoro è dettata da oscure alleanze con le ditte di profumi e deodoranti, da mai chiarite collusioni con saloni di bellezza e spa, che si approvvigionano di lucrosi profitti in seguito alle tue leggi draconiane.
Sei devotissimo di San Putifarre e veneri in particulare un’immaginetta piccola e graziosa che si trova in un angolo quasi dimenticato della cappelletta di Nostra Signora Vergine Adamantina. Quando ti prostri di fronte alla visione del santo onnipossente talora lo sguardo ti cade sull’immane retablo che troneggia al centro della navata e mediti sornione “o vana glora dell’umane posse!”
Stavo salendo un ripido pendio montano quando nella landa desolata – orrore! mi apparve una vecchia sdentata, che con le nude gengive abbozzava uno sghembo sorriso e con il dito rinsecchito indicava la vulva dalla rada peluria mentre nell’altra mano reggeva un’effimera. Mi fermai raggelato, e la vegliarda nuda cominciò a ripetere una stolida cantilena che suonava “mai più, mai più!” Fuggii ma ancora oggi quella nenia insondabile mi rimbomba nel cervello attonito.
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