mercoledì 19 novembre 2008

Militanza

Sia i fascisti che i comunisti si pongono come modello il militante. Il militante è uno che milita, cioè fa la guerra; quello che il militante cerca, però, paradossalmente è l’amore, e la guerra – politica o più tradizionale - ha la sola funzione di rappresentare un momento in cui non si dà più importanza a sé stessi ma solamente all’obiettivo che si vuole raggiungere – l’obiettivo amato. Si tratta di fondo di un ideale cavalleresco, in cui l’amore cortese rappresenta il logico completamento dell’ardore guerresco. Esiste però una distinzione fondamentale tra il militante comunista e il militante fascista. Il primo infatti mantiene un sottile diaframma tra sé e l’altro – che mantiene l’individualità di ciascuno - mentre il secondo non ammette diaframma, di modo che l’amore giunge a compimento solo con l’annullamento – con la morte, insomma, simbolica o reale. Temo che dietro questo atteggiamento ci sia una profonda paura della solitudine.

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