sabato 11 agosto 2018

Il secondo sacco di Roma

L'espansione edilizia di Roma non si è in realtà mai fermata, ma credo che stia subendo un'accelereazione notevole che fa pensare al grande sacco degli anni '50 e '60. Roma è tutta una gru; l'altro giorno andavo al Laurentino e dopo decine di nuovi nuclei che hanno completamente mangiato la campagna fuori del raccordo, fino a pochissimi anni fa uno degli ultimi, struggenti frammenti della Campagna Roma, dopo una viabilità completamente rifatta sul modello delle autostrade urbane losangeliane, arrivo a un mostruoso nuovo centro commerciale, il "Maximo", una massa veramente infinita e di una banalità architettonica sconcertante. Le gru non si vedono solo in periferia, ma anche in moltissime aree rimaste inedificate nel corpo consolidato della città che sarebbero putute diventare aree verdi. A differenza del primo sacco di Roma, che era denunciato attivamente da artisti e intellettuali ("le mani sulla città" di Risi, "Roma moderna" di Insolera e appunto "il sacco di Roma" dell'Espresso), questo secondo sacco procede in uno sconcertante silenzio. Si tratta di concessioni quasi tutte veltroniane, ma i grillini, il cui programma sembrerebbe fare il contrario del PD, sull'edilizia tacciono (come tacciono di solito quando si tratta di interessi padronali). A proposito di Veltroni, sono state ancora le concessioni di Veltroni che hanno distrutto il centro storico, trasformandolo in pochissimi anni in una sequela di paninoteche. Comunque almeno le paninoteche fanno economia (ovviamente di basso livello, come è tipico della politiche economiche privilegiate dalle forse politiche in Italia), mentre l'edilizia non produce alloggi - gli edifici (ad eccezione dei centri commerciali) servono solo come collaterali per ottenere fidi bancari con cui si costruiscono altre case che servono da collaterali per altri fidi ecc. in una bolla che ricorda in modo assai preoccupante la bolla dei subprime e dei derivati che portò al collasso del 2008. Anche qui nel silenzio assordate (odio questo ossimoro ma qui ci vuole) degli economisti - sembra che non si sia imparato niente dalle crisi del 2008.


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