Mi piace la sincerità con cui Telmo Piovani, il nostro Dawkins, difende il darwinismo. Però ho il sospetto che gli sfugga la, diciamo così, struttura logica dell'evoluzione.
Primo: evoluzione significa semplicemente cambiamento (nell'ottocento il termine italiano era di solito "trasformismo"): Si può avere evoluzione per deriva genetica (che non è minimamente darwiniana), oppure per trasmissione di caratteri acquisii (che sembrano impossibili, anche se l'epigenetica potrebbe rappresentare un'eccezione): Del resto il gruppo delle Scienze negli anni '80 era ferocemente lamarckiano e antidarwiniano, e pubblicizzava i libri di Serrmonti, feroce antidarwiniano.
Secondo, al paragrafo 7 Pievani afferma che cambiamenti di pressione selettiva causano modificazioni delle frequenze di una certa variante in una data popolazione. Il problema è che questa affermazione, la formulazione sintetica del darwinismo, non è falsificabile, ma non è falsificabile perché è necessariamente vera o se vogliamo è quasi una tautologia. Pressione selettiva significa mortalità, e ovviamente differenze di pressione selettiva (non cambiamenti a essere rigorosi) necessariamente significano cambiamenti di frequenze se esiste più di una varietà
Dacciamo un esempio numerico: ho 10 A e 10 B (frequenze 0.5 e 0.5). Se muoiono 1/3 di A e 1/2 di B alla seconda generazione ho 3 A e 5 B (frequenze 0,3 e 0,6). Alla generazione successiva ho 1 A e 3 B (frequenze 0.26 e 0.74) finché A non si estingue.
Questa relazione, difficile da padroneggiarese espressa a parole ma facilissima se espressa con un esempio numerico (o in formule), come tante leggi economiche che sono trasparenti in formule e oscure a parole, è assolutamente necessaria Se ci sono differenze di mortalità costanti necessariamente si ha microevoluzione.
Però un fenomeno matematicamente necessario potrebbe non esistere in natura se non sono verificati i presupposti. Un centauro con tre gambe non potrebbe camminare velocemente, il problema perà è che non esistono i centauri. In termini evoluzionistici il problema è: esistono realmente differenze di mortalità? la cosa non è assolutamente scontata perché un cambiamento di frequenze (osservato, come nel caso della farfalla melanica) potrebbe dipendere da deriva genetica (o altri meccanismi non ancora escogitati). Qui l'importanza degli esperimenti sui fringuelli. In un certo senso non provano la selezione, escludono la deriva genetica, e come dice Sherlock Holmes, una volta escluso l'impossibile quello che rimane è vero. Nel caso della selezione è ancora più vero, perché data mortalità differenziale, l'evoluzione è marematicamente necessaria.
Detto questo, Piovni dice anche "Associata a questa critica inconsistente ve n’è un’altra non meno risibile: quella secondo cui non vi sarebbe prova empirica del passaggio da cambiamenti microevolutivi (molecolari, genetici) a cambiamenti macroevolutivi". Però nonostante l'articolo sia interminabile, non dice perché risibile, il che vuol dire che è in difficoltà. Infatti a rigore non abbiamo una prova che per esempio la comparsa delle piume nei dinosauri non fosse dovuta a deriva genetica. Anche se ovviamente sembra assai improbabile. Però l'argomento che abbiamo è che un carattere così importante per la sopravvivenza non sia legato a mortalità differenziale, ancora una volta una prova logica, non empirica.
Io personalmente non sono un fanatico della selezione, ho l'impressione che ci debba essere qualcosa dui abbastanza simile a quello che propongono Lewontin e Gould, cioè che la selezione su un carattere comporti l'evoluzione di tutta una serie di caratteri neutrali ma correlati al primo (che poi è un'ipotesi che Darwin fa nell'origine della specie per l'occhio). Però sono un fanatico dell'evoluzione, anche a me sembra che ci sia qualcosa di grandioso in questa visione della vita per cui dalle forme più semplici si sviluppano infinite forme meravigliose (mentre il fissismo mi sembra veramente l'album delle figurine). E l'evoluzione è un concetto diverso dalla selezione naturale (ci insegnavano evoluzione per selezione naturale). E l'evoluzione, come dice un mio giovane amico, è un fatto. Basta mettere i fossili del cavallo in fila, o anche i fossili dell'uomo. Poi se uno non vuol guardare nel cannocchiale, liberissimo. Se poi pensa che tra Australopithecus afarensis e Homo habilis manca l0anello mancante non sarà mai soddisfatto, perché se venisse scoperto un intermedio tra i due, Z, allora mancherebbe l'intermedio tra Z e Homo habilis e così all'infinito. Una specie di paradosso di Zenone.
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