Machiavelli bene o male è uno dei padri del pensiero laico, in un Paese, l'Italia, in cui i laci sono pochissimi. Il principe è fondamentalmente un appello a Lorenzo il Magnifico per unificare l'Italia. Mi sembra però che anche i più vicini al sentire di Machiavelli - che era repubblicano e patriota - forse non lo capiscano pienamente. Si dice che per Machiavelli la politica debba seguire una morale diversa da quella corrente, ma qual è questa morale? Spesso si dimentica che tutta la prima parte del "Principe" è una critica degli esereciti mercenari e una difesa dell'esercito di leva. E in questa parte sta il vero senso teorico del "Principe": la politica è
guerra. In guerra non tutto è pemesso, anche se la morale di guerra (e i codici di guerra) sono diversi da quelli di pace: le atrocità non sono ammesse neanche se portano alla vittoria, è permessa la frode ma non la slealtà, i nemici si possono uccidere ma ogni combattente deve essere rispettato, ecc. L'idea in realtà non è nuova: un re è legittimo o per eredità, o perché ha conquistato un regno in guerra. Non a caso a Napoleone sconfitto a Waterloo venne lasciato il regno dell'Elba - un po' era uno sberleffo, un po' nasceva dal fatto che ormia il titolo di re se l'era conquistato per diritto di guerra.
La novità - immensa - è che se abbiamo diversi attori in guerra, possiamo studiare scientificamente le leggi che portano al prevalere di una parte o dell'altra, cosa che non sarebbe possibile se il potere discendesse da dio come sosteneva San Paolo o se avesse una legittimazione morale.
Personalmente penso che non solo la guerra debba essere superata, ma che in fondo lo sia già stata. Machiavelli resta un faro, ma servirebbe un nuovo Machiavelli che ci insegnasse quali sono le leggi della politica in un regime di pace. Le leggi della guerra spesso erano dure, ma erano leggi del cambiamento. Abbiamo molta giurisprudenza, molti principi, ma nessuno che ci permetta di gestire il cambiamento in tempo di pace.
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