Quando Gorbaciov venne in Italia, un giornalista, intervistato alla televisione, disse che l’Italia aveva gli stessi problemi dell’Unione Sovietica. Oggi quell’osservazione sembra quanto mai vera. La dissoluzione dello stato sovietico ha permesso a una serie di avventurieri di impossessarsi delle risorse del Paese o comunque di farsi spazio nel vuoto. La Russia è un paese in mano alle mafie e a potenti proprietari delle aziende ex pubbliche, qualcosa di simile alla Somalia, in cui ancora non si è ricostituito uno stato organizzato. Queste mafie sono interssate solo ai loro affari, non alla gestione del territorio, cosa che in un certo senso la mafia siciliana ha fatto – pur nel modo barbarico e feudale che conosciamo.Tanto più la società si dissolve, tanto più cresce il consenso per l’atoritarismo di Putin –un autoritarsimo, si badi bene, più recitato che effettivamente esercitato. In Italia, dopo tangentopoli, una vasta categoria di persone ha tvato modo di arricchirsi nella dissoluzione della Repubblica. Si tratta essenzialmente di imprenditori che vivono o di appalt pubblici, o di protezioni da parte dello stato, o di sussidi – l’evasione fiscale costituisce di fatto un sussidio “non statalista” di milioni e milioni di euro ogni anno” – e di politici, che hanno potuto scalare i gradini di un potere che non avevano – si tratta egneralmente di ex portaborse della classe politica precedente – proprio perché garantiscono appalti, protezione e sussidi a questi “imprenditori”. Gian Antonio Stella ha bene individuato nella “casta” il concetto centrale del Paese, ma si è dimenticato che la casta non è quella dei politici, ma quella dellintreccio tra politica e affari – il caso Alitalia ne è l’esempio paradigmatico. In questa situazione di dissoluzione dello stato, cresce il consenso per l’autoritarismo “gentile” di Berlusconi. E come Putin di fatto protegge le mafie, così Berlusconi è il garante di questo intreccio tra politica e affari, legittimato con una costruzione ideologica da clinica psichiatrica a cui il padrone di Mediaset ha lavorato trent’anni, ottenuta mischiando in una mostruosa macedonia concetti presi per lo più da sinistra – dal liberalismo, dal libertarismo, dal socialismo, dal regionalismo anarchico.
La mafia tradizionale si trova oggi in una situazione paradossale. Faceva parte a tutti gli effetti del sistema delal Prima Repubblica; ora, pur avendo contribuito in modo importante alla costruzione della seconda repubblica, credo soprattutto con un contributo finanziario e non politico,– si trova fuori dal sistema. Gli appalti mafiosi, sarebbe interessante fare una statistica, riguardano una quantità di denaro assai più piccola di quella che è girata, per esempio, intorno all’Alitalia. La “casta” politico-imprenditoriale sembra del resto pronta ad accettare un partner con una così immensa liquidità. Dato che per diventare imprenditrice a tutti gli effetti la mafia deve rinunciare alla violenza – l’ha dichiarato e l’ha fatto – la lotta contro gli aspetti violenti e le cosche ancora legate alla violenza – che va benissim ed è utilissima a quella parte della mafia che si vuole “ripulire” - può essere fatta passare facilmente per lotta alla mafia tout court.
Pasolini era profetico quando diceva che il fascismo, nonostante tutto – e per ammissione dello stesso Mussolini – non era minimamente riuscita a fascistizzare l’Italia, mentre perfettamente era riuscito nel compito il consumismo. Gli italiani non sono più il popolo cialtrone ma gentile di una volta – il coatto di periferia, sbrasone ma fondamentalmente buono, è diventato un prepotente fiero di essere prepotente – cioè un fascista. Il berlusconismo nasce dalla dissoluzione della prima repubblica, ma non esisterebbe senza questa “mutazione antropologica”. Se politicamente assomigliamo alla Russia, sociologicamente assomigliamo alla Thailandia di Taiksin, un altro paese in cui il consumismo ha distrutto il tessuto sociale preesistente.
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